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Storia dell’incompleta liberalizzazione del mercato elettrico italiano

Di Eugenio Fiorino

Il primo passo verso la liberalizzazione dell’energia è stato compiuto nel 1999 quando fu emesso il decreto 79/99 meglio conosciuto come Decreto Bersani.

La situazione al tempo era molto semplice, l’Enel gestiva l’intera filiera dell’elettricità: produzione, trasmissione, distribuzione e vendita. Uniche eccezioni al monopolio Enel erano le società municipalizzate che gestivano le reti elettriche cittadine e alcuni grandi gruppi industriali che autoproducevano energia elettrica per i propri consumi interni.

Il citato Decreto Bersani dava la stura alla liberalizzazione prevedendo:

PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA

– Completa liberalizzazione: era data la possibilità a chiunque di produrre energia elettrica e per agevolare il passaggio dal monopolio al libero mercato imponeva ad Enel di vendere, mediante gare internazionali, parte del suo parco centrali (15.000 MW).

– Incentivi, i cosiddetti certificati verdi, per la produzione da impianti da fonte rinnovabile (eolico, solare, biomassa ecc).

TRASMISSIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA

– Creazione del GRTN (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) al quale veniva assegnata l’intera rete AT da gestire in modo del tutto indipendente con accesso libero a chiunque ne facesse richiesta (con le dovute regole di connessione) ed il compito di organizzare un mercato dell’elettricità. Dal GRTN in seguito sono state create 5 società:

– TERNA: Il gestore della rete;

– GSE: Gestore dei Servizi Elettrici che si occupa essenzialmente della produzione da fonte rinnovale (FER)

– GME: Gestore del Mercato Elettrico

– AU: Acquirente Unico (di cui si dirà in seguito)

– RSE: società di ricerca.

DISTRIBUZIONE E MISURA

– Nessuna liberalizzazione, l’attività rimaneva appannaggio di ENEL e delle Municipalizzate.

VENDITA DELL’ENERGIA ELETTRICA

– Progressiva liberalizzazione step-by-step, possibilità quindi di acquistare energia sul libero mercato, partendo da subito con i grandi consumatori (oltre 20 GWh di consumo) per poi passare anno dopo anno alla completa liberalizzazione di tutti i clienti anche dei piccoli residenziali (simpaticamente definiti “la signora Maria”).

– Transitoriamente i clienti che non sceglievano un fornitore sul libero mercato (oggi definiti in “maggior tutela”) continuavano ad essere serviti dalla società di distribuzione locale. Tali clienti sono comunque legati al libero mercato perché l’energia per tutti loro è acquistata dall’Acquirente Unico (AU) che a sua volta rivende senza margini l’energia ai distributori. In questo caso il prezzo dell’energia al cliente finale è definito trimestralmente dall’Autorità per l’Energia sulla base degli acquisti effettuati dall’AU.

RISULTATI PRODOTTI E SITUAZIONE ATTUALE

PRODUZIONE

Le risultanze della liberalizzazione per questo settore sono in chiaro scuro. Il parco centrali termoelettriche, per quel che riguarda le emissioni di CO2, è il migliore d’Europa, grazie alla massiccia realizzazione di impianti a gas in ciclo combinato e da fonte rinnovabile. Attualmente il parco centrali italiano è ben diversificato ed anche sovrabbondante rispetto alla domanda elettrica che, causa la persistente crisi, oggi è notevolmente più bassa degli anni 2007-2008.

Per quanto riguarda la produzione da fonti rinnovabili probabilmente sono stati fatti errori di valutazione sugli incentivi da assegnare a dette fonti. Infatti a seguito di un tumultoso sviluppo verificatosi tra il 2009 e il 2014, che producevano redditività a due cifre, oggi, in assenza di elevati incentivi, si registra un fortissimo rallentamento di realizzazioni di tali impianti.

La tumultuosità legata a tale attività e la mancanza di una programmazione di medio lungo termine non hanno permesso la nascita di una filiera industriale italiana stabile (pale eoliche e pannelli fotovoltaici sono arrivati quasi tutti dall’estero). Per dare un’idea di quanto fosse sbagliato questo approccio, il prezzo dei pannelli fotovoltaici e delle pale eoliche non era legato al costo di produzione industriale ma agli incentivi che venivano erogati. Abbiamo trasformato un’attività industriale in un’attività finanziaria.

Il lato positivo sta nell’aver soddisfatto (abbondantemente!) le richieste UE sulle percentuali di produzione da fonte rinnovabile ma purtroppo il lato negativo sta nel prezzo che stiamo pagando e che continueremo a pagare in bolletta. Clienti residenziali, e non, con potenza impegnata maggiore di 3 kW hanno pagato nel 2016 oltre 70 €/MWh per la componente aggiuntiva A3 che copre i soli incentivi per le fonti rinnovabili; in altri termini tali clienti hanno pagato molto più per la copertura degli incentivi che per la materia prima pari a 43 €/MWh. Per il 2017 l’Autorità, fermo restando il gettito, ha traslato parte di questo onere sulle quote fisse, sgravando in parte le utenze coincidenti con la prima casa.

TRASMISSIONE

Aver creato società regolate, e (quasi) del tutto indipendenti dal vecchio monopolista, ha consentito una reale liberalizzazione di questo settore della filiera elettrica.

Forse qualcosa di più si poteva e si dovrà fare nel campo dei servizi che gli utenti del dispacciamento (produttori e venditori di energia elettrica) offrono a TERNA.

DISTRIBUZIONE E VENDITA

Questo è il settore dove la liberalizzazione è in parte fallita.

Dal Luglio 2007 tutti i clienti (anche residenziali) possono scegliere di passare al mercato libero (dove sono presenti oltre 400 società di vendita), purtroppo, ad oggi, ci sono ancora circa 20 Milioni di clienti in maggior tutela.

La domanda da porsi è “perché”? Le risposte possono essere molteplici:

– la quasi totalità di questi clienti non è a conoscenza di questa opportunità;

– ai clienti non interessa il mercato libero, viste le polemiche che sorgono anche a livello di mass media, quando (in alcuni periodi) il prezzo sul libero mercato risulta più alto della maggior tutela. Questo non è scandaloso ma è semplicemente legato alle oscillazioni dei prezzi di mercato;

– l’aggressivo uso del telemarketing, con decine di telefonate al mese che propongono il cambio del fornitore, che irrita e indispettisce i potenziali clienti;

– la mancanza di una campagna pubblicitaria di tipo istituzionale che possa arrivare in tutte le famiglie con un messaggio chiaro e assolutamente neutrale.

A livello legislativo (prime bozze della legge “Concorrenza” del 2015) era stato stabilito il termine del 2016 per il passaggio di tutti i clienti al libero mercato, tale termine è stato poi spostato all’estate 2018 e le ultime dichiarazioni del Ministro Calenda prospettano un ulteriore slittamento al 2019. Questa situazione di stallo, grazie alla asimmetria informativa sulla clientela, potrebbe agevolare in modo del tutto anticoncorrenziale le società che operano sia come venditori che come distributori. I gruppi societari proprietarie anche di aziende di distribuzione, nonostante il ventilato unbundling, potrebbero accedere ai dati dei clienti sottesi alle loro reti (consumo, profilo orario, mancati pagamenti, richieste di stacco ecc) e quindi concentrare i loro sforzi di marketing sui clienti “buoni”. Tale dubbio è in parte confermato dai numeri. Ultimamente circa il 70% dei passaggi dal mercato tutelato a quello libero avviene nell’ambito dello stesso gruppo societario.

Una possibile soluzione, visti i continui slittamenti della data di liberalizzazione, potrebbe essere l’eliminazione della asimmetria informativa tra le società di vendita. Forse il sistema informativo (SI) che sta mettendo a punto l’Acquirente Unico potrebbe essere una risposta? Bisogna far presto prima che la clientela più appetibile sia già stata drenata dagli incumbent di vendita-distribuzione.



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