Si inasprisce il conflitto tra la Turchia e l’Ue per lo sfruttamento del gas nelle acque cipriote. In una lettera del rappresentante turco presso le Nazioni Unite, Ankara rivendica senza l’appoggio del diritto internazionale una serie di pretese sui sei lotti che Cipro (la cui Borsa continua a salire) ha affidato ad alcune aziende internazionali, tra cui l’italiana Eni, per i diritti di esplorazione e sfruttamento della Zee. Nelle stesse ore la nave oceanografica turca Barbaros (che dal 2013 “insegue” le navi straniere impegnate nei rilievi tecnici), e questa volta affiancata da una fregata militare turca, prosegue nell’azione di disturbo attorno al perimetro dei lotti che si estendono dalla costa di Paphos fino a Kyrenia, con cavi sottomarini al traino: un trend che, ormai da mesi, ha richiamato anche l’attenzione della Nato.
LA LETTERA
Nella missiva, datata 12 aprile, la Turchia attraverso il proprio rappresentante permanente all’Onu, Ferid Sinirlioglou, esprime preoccupazione per un “atto provocatorio” in termini di “somministrazione di diritti” circa la ricerca e lo sfruttamento degli idrocarburi nei sei lotti. E sottolinea che tutta la zona di mare ad ovest del meridiano 32º16’18 è Zee turca e che quindi le navi non autorizzate dal governo turco devono fare marcia indietro.
Nella lettera, che è stata fatta circolare come un documento ufficiale dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e che sarà pubblicata nella prossima edizione del «Bollettino del diritto del mare», Ankara (a cui non mancano nuovi scandali finanziari) non solo sfida l’Unione Europea e la Zee di Cipro, ma di fatto avanza pretese sui sei lotti come parte della piattaforma turca, pur non avendo alcun appiglio giuridico.
Infine aggiunge che è pronta a proteggere i propri diritti di sovranità secondo il diritto internazionale e che non permetterà alle aziende straniere di effettuare “indagini non autorizzate”. Tra l’altro Sinirlioglou afferma anche che l’autorizzazione concessa alle aziende lo scorso 6 Aprile non produrrebbe alcun effetto giuridico e ribadisce che non accetterà azioni “unilaterali” di Nicosia.
LA REPLICA
Dura la reazione di Nicosia che, forte delle rassicurazioni date dal diritto internazionale che, invece, il presidente Receyp Erdogan ha più volte avversato negli ultimi mesi (come gli attacchi diretti contro il Trattato di Losanna), rifiuta le posizioni turche e con il rappresentante permanente di Cipro presso l’Onu, Kornilios Korniliou, che replica: “La lettera è una ripetizione delle posizioni turche che certo rifiutiamo. Le nostre reazioni continueranno, puntuali, a seconda di altri attacchi”.
Due settimane fa era stato il ministro dell’energia cipriota Yiorgos Lakkotrypis a rispondere alle minacce turche nella Zee di Cipro: “Non fermeranno i piani di Nicosia”, che nel frattempo ha stretto un accordo con l’Egitto per costruire un gasdotto che unirà i due paesi.
Secondo alcuni analisti non è un caso che nello scorso fine settimana l’agenzia statale turca Anatoli abbia riportato una serie di lanci secondo cui il capo della Marina turca, Nafarchos Mpostanoglou, ha annunciato la presenza in quelle acque della nave da guerra turca TCG Gaziantep per monitorare le indagini sismiche della Barbaros “al largo del pseudo-stato cipriota”. Un messaggio provocatorio, inviato per ribadire che la Turchia difende i propri interessi.
Da Larissa, nella Grecia Centrale, dove si svolge in queste ore un congresso di avvocati internazionali sulle nuove sfide di Cipro e degli investimenti nel Mediterraneo Orientale, il presidente del parlamento cipriota, Dimitris Syllouris, ha osservato nel suo intervento che qualcuno vorrebbe trasformare la Zee cipriota in una sorta di zona grigia, con l’obiettivo ormai chiaro di cercare una moratoria fino a quando non si otterrà l’unificazione di Cipro, e quindi la potestà su quelle acque. “Ankara cerca solo di ottenere un protettorato turco, altro che federalismo”. Lo scorso 26 aprile nelle acque antistanti alla Zee cipriota si sono svolte una serie di esercitazioni navali turche con munizioni vere.
SCENARI
L’intera macro area è diventata il maggiore hub di gas del vecchio continente, non solo per la presenza della Zee cipriota ma anche per i nuovi progetti legati al giacimento Zhor, (il cui volume di affari secondo quanto dichiarato due giorni fa al Daily News Egypt dal ministro dell’energia egiziano, Tarek El Molla, raggiungerà i 10 miliardi alla fine dell’anno) e al gasdotto EastMed che coinvolge Israele, Italia, Cipro e Grecia. Proprio Atene è un altro bersaglio di Ankara, che non cessa di effettuare sconfinamenti aerei, esercitazioni militari non autorizzate, rivendicazioni sugli atolli dell’Egeo orientale, come Agathonisi e Simi.
Dal canto suo Erdogan gioca ormai a carte scoperte, come ha detto pubblicamente ai delegati del vertice del Consiglio Atlantico a Istanbul lo scorso 28 aprile. In un ampio discorso che toccava anche i risultati del referendum sui suoi poteri, ha parlato della volontà di diversificare le importazioni di energia, tra cui i progetti di nuovi ponti galleggianti. L’intreccio con Mosca è tutto qui, dal momento che più volte Gazprom, tramite appunto la Turchia, aveva tentato di inserirsi in quello che è stato ribattezzato il nuovo “triangolo energetico del Mediterraneo”, ovvero Israele-Grecia-Cipro.
Il colosso energetico russo, il maggiore produttore di gas al mondo, ha registrato un profitto di 16,7 miliardi di dollari nel 2016, in crescita del 21% rispetto al 2015 (13,9 miliardi). Secondo gli ultimi dati, la società ha aumentato i profitti a causa dei minori costi operativi. Gazprom è il maggior fornitore europeo di gas naturale e la metà del suo fatturato proviene dalla vendita di gas naturale al mercato europeo. Le vendite di gas l’anno scorso ammontavano a 3,71 milioni di tonnellate, con un incremento del 4,1%, rispetto alle vendite del 2015. Nel 2016, però, il quadro dei suoi clienti è mutato: il Giappone è stato uno dei più grandi acquirenti di gas russo, che rappresentano il 45% delle vendite del totale. Inoltre l’azienda ha fornito una notevole quantità anche a Taiwan, Messico e Emirati Arabi.
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