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Perché Monti ha bloccato Fornero sul Riccometro

Il suffisso “metro” diventa un incubo per Mario Monti, e così salta l’approvazione del Riccometro. L’ok alla revisione dei criteri dell’Isee, noto con il nome di Riccometro, è stata rinviata al prossimo Consiglio dei ministri. Il timore? Forse quello che il provvedimento sarebbe finito nel tritacarne della propaganda.

Chi ha almeno un figlio o un reddito basso lo conosce con l’acronimo di Isee, l’indicatore della situazione economica prevalente, l’attestato con il quale si accede alle principali prestazioni sociali: l’asilo nido, la mensa scolastica, gli assegni di maternità, le tasse universitarie, gli sconti sulle bollette di luce e gas. Se ne parla da mesi, è una riforma che andrebbe a favore dei più poveri contro chi oggi, nelle pieghe delle regole, ne approfitta.

Nel pomeriggio di ieri a spingere per il rinvio – ha raccontato oggi il quotidiano La Stampa – erano usciti allo scoperto il Forum delle famiglie (vicino alla Cei) e due esponenti ciellini del Pdl, Maurizio Lupi e Gabriele Toccafondi: “Una riforma così non può essere trattata come un atto di ordinaria amministrazione”. La richiesta del mondo cattolico era di lasciare la pratica al prossimo governo. E’ quel che accadrà, anche se ufficialmente il rinvio è alla prossima riunione.

Il Riccometro altro non è che una rivisitazione dell’Isee, servirà a misurare le condizioni economiche delle famiglie italiane con criteri più stringenti. Il fine è quello di determinare chi ha effettivamente diritto di fruire di determinate prestazioni sociali agevolate. L’obiettivo primario del Riccometro sarà quindi quello di scovare i “finti nullatenenti” .

Lo strumento terrà conto non solo del reddito complessivo ma anche delle proprietà immobiliari e mobiliari e dei depositi bancari. Il nuovo Isee esaminerà dettagliatamente la situazione economica dei nuclei famigliari che richiedono l’accesso ai servizi pubblici, in modo da poter tutelare con il welfare le famiglie davvero bisognose. Ma ora la riforma subisce uno stop fatale, nonostante un iter e il lavoro del ministro del Welfare Elsa Fornero, come ha sottolineato il quotidiano torinese.

“Prevista dal decreto salva-Italia – spiega La Stampa – la revisione dell’Isee era già finita sotto la scure della Corte costituzionale che impose al governo di coinvolgere nella stesura Comuni, Province e Regioni. Ascoltati gli enti locali e il mondo dell’associazionismo, il ministero del Lavoro si è poi trovato di fronte al no alla Conferenza delle Regioni della Lombardia. La legge diceva però che il governo avrebbe comunque potuto procedere con una ‘deliberazione motivata’ e un decreto del presidente del Consiglio. Decreto che sarebbe comunque dovuto passare dal vaglio del Consiglio di Stato e dal parere delle Commissioni parlamentari competenti. Solo a quel punto il premier avrebbe potuto varare il provvedimento in via definitiva. Anche se il parere delle Camere non era vincolante, Monti ha preferito evitare rischi”.



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