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Quanto perde ogni anno lo Stato con il contrabbando di sigarette?

Enrico Mario Ambrosetti, Luigi Vinciguerra, Giovanni Russo, Marco Ludovico e Alessandro Minuto Rizzo

All’aumentare del prezzo delle sigarette segue inevitabile una crescita del contrabbando. Con contestuale riduzione delle risorse che arrivano allo Stato a titolo di contributi erariali. Non è un teorema matematico ma qualcosa che gli si avvicina molto, come conferma il rapporto presentato oggi nella sede della Società Geografica Italiana, a Villa Celimontana a Roma.

L’APPUNTAMENTO 

L’Italia del contrabbando di sigarette. Le rotte, i punti di transito e i luoghi di consumo“, è il titolo dello studio curato da Andrea De Nicola e Giuseppe Espa – rispettivamente professore di Criminologia e di Statistica economica -, fondatori di Intellegit, la start-up sulla sicurezza dell’Università di Trento. Un lavoro redatto e realizzato con il contributo di British American Tobacco Italia. All’iniziativa – introdotta dal segretario generale della Società Geografica Italiana Alessandro Ricci – hanno partecipato il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Russo, l’ordinario di Diritto penale dell’Università di Padova Enrico Maria Ambrosetti, l’ambasciatore e presidente della Nato Defense College Foundation Alessandro Minuto Rizzo e Luigi Vinciguerra (Capo Ufficio Tutela Entrate del III Reparto delle Operazioni del Comando Generale della Guardia di Finanza). Le istituzioni erano, invece, rappresentate dal questore della Camera dei Deputati Stefano Dambruoso, dal sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri e dal presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione Mario Catania. Moderatore il giornalista del Sole 24 Ore Marco Ludovico.

IL PREZZO, IL CONTRABBANDO E LE CASSE DELLO STATO

Tra gli aspetti evidenziati dal rapporto è emerso il nesso di causalità esistente tra prezzo delle sigarette, diffusione del contrabbando e risorse spettanti allo Stato in virtù delle accise applicate sul tabacco. Nel senso che all’aumentare del primo cresce anche il secondo, mentre i soldi incamerati dalle casse pubbliche diminuiscono. Una situazione di fatto confermata dai numeri: l’Italia – che all’interno dell’Europa è ventunesima nella classifica del consumo illecito di sigarette, ben al di sotto della media – nel 2015 ha rinunciato a 822 milioni di euro, finiti invece nelle mani dei contrabbandieri. Ma la situazione va peggio in altri Paesi del Vecchio Continente dove il prezzo delle “bionde” è più alto: a fronte di un consumo di sigarette di contrabbando che da noi si attesta al 5,8% del totale, l’Inghilterra raggiunge il 15% e la Norvegia addirittura il 20. Peraltro, le fasi in cui negli ultimi tempi si sono registrati i picchi hanno coinciso proprio con gli aumenti di prezzo delle sigarette. “A dimostrazione del fatto” – recita il rapporto – “che spesso un incremento delle accise può sui prodotti del tabacco può innescare un conseguente aumento del consumo illecito di sigarette di contrabbando, dato che i picchi del consumo illecito corrispondono agli aumenti di prezzo delle sigarette lecite”.

LA VERSIONE DI BAT

Una versione confermata da Gianluca Ansalone, responsabile affari istituzionali e relazioni esterne di British American Tobacco Italia (BAT): “I buoni risultati fatti registrare dall’Italia – dove bisogna sempre mantenere la guardia alta, ma che fa comunque segnare percentuali inferiori alla maggior parte degli Stati europei – è il frutto anche di un regime di tassazione e regolazione equilibrato. Il differenziale di prezzo incide inevitabilmente sul consumo delle sigarette di contrabbando“. In sostanza, dunque, più sale il costo e più cresce il mercato nero: “Nemmeno noi siamo contrari a che, nel contemperare interessi vari, lo Stato decida legittimamente di prendere più soldi da questo settore, già tassato in media al 77%. Il tema è una regolamentazione che sia prevedibile nel medio-lungo termine, con una sorta di vero e proprio calendario da stilare“.

LE ROTTE DEL CONTRABBANDO

Dati – quelli sul contrabbando di sigarette nel nostro Paese – che potrebbero definirsi non allarmanti: il fenomeno esiste ma non raggiunge la penetrazione che caratterizza molti altri mercati europei e non solo. Ciò non vuol dire, ovviamente, che la situazione debba essere sottovalutata, anche perché l’Italia – pure in virtù della sua posizione geografica – si conferma un territorio sia di transito che di consumo delle sigarette di contrabbando. Le rotte principali che arrivano o, comunque, passano da noi partono principalmente dall’Est Europa – Bielorussia e Ucraina su tutti -, dagli Emirati Arabi Uniti e dal Nord Africa. Spesso via terra, dalla frontiera con la Slovenia o dal Brennero, e altre volte via mare attraverso i porti di cui la Penisola è disseminata. La sigaretta di contrabbando più diffusa è, invece, quella che gli esperti del settore definiscono “illicit white“: marchi prodotti lecitamente in Paesi extra Ue e poi destinati al consumo illecito nelle città europee.

IL COMMENTO DEL PROCURATORE RUSSO

Una situazione da non prendere sottogamba secondo il procuratore antimafia e antiterrorismo Russo: “E’ un tema di urgente attualità geopolitica ed economica internazionale che, per il nostro Paese, assume un ruolo strategico dal momento che l’Italia è interessata dal fenomeno sia come mercato di destinazione finale sia come area di transito“. Da qui l’esigenza di intensificare “le strategie di lotta“: “Oltre all’uso estensivo di strumenti di aggressione ai patrimoni illeciti – per i quali in Italia abbiamo una legislazione all’avanguardia – occorre anche uno scambio di intelligence più strutturato che renda più efficace il lavoro della magistratura e delle forze di polizia nazionali e internazionali“.

UN FENOMENO RADICATO SOPRATTUTTO AL SUD

Come detto, il nostro è un Paese, innanzitutto, di transito: basti pensare da questo punto di vista che il 30% delle sigarette di contrabbando sequestrate lo scorso biennio era destinato al mercato ucraino. Ma anche il consumo è molto diffuso, specialmente al Sud. La maglia nera, in tal senso, spetta a Napoli dove quasi un pacchetto su tre è illegale (ben il 28%): seguono Palermo (il 12%), Giugliano (comune del napoletano dove si registra il 10%) e Salerno (più del 6%). L’unica città del Nord Italia a posizionarsi nei primi posti è Trieste con il 4,4% mentre Milano e Torino superano di poco il 2.

Qui il link all’approfondimento che sul tema (e sull’iniziativa) ha realizzato per Rai News il giornalista Alfredo Di Giovampaolo.


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