Skip to main content

I dubbi di Lugano sul fisco light di Berlusconi

Le critiche di Monti e del Pd, le ironie acide di Oscar Giannino (“Berlusconi un buffone, non va ascoltato”), le puntualizzazioni e le incognite confessate dal berlusconiano Renato Brunetta e ora pure le perplessità tecniche che arrivano da esperti svizzeri. Ecco quello che dice Paolo Bernasconi, ex procuratore capo di Lugano, docente universitario ed esperto di dinamiche internazionali: “Mi sembra una proposta del tutto onirica, soprattutto perchè viene da un ex premier il cui ministro dell’Economia ha sempre visto come il fumo negli occhi un patto fiscale con la Svizzera”.

Bernasconi mostra così tutto il proprio scetticismo sull’idea di Silvio Berlusconi di finanziare il rimborso dell’Imu attraverso la tassazione dei capitali italiani in Svizzera. “Cinque o sei anni fa – ha affermato Bernasconi in un’intervista al Corriere della Sera – il patto sarebbe stato firmato in un batter d’occhio. Non se ne è fatto nulla e nel frattempo in Svizzera purtroppo (e sottolineo purtroppo) è cresciuto un sentimento anti-italiano che non fa ben sperare”.

Per Bernasconi le cifre sul gettito che si avrebbe sono “al momento completamente aleatorie: non sappiamo qual è l’ammontare dei patrimoni in Svizzera, non sappiamo quale aliquota verrà loro applicata, possiamo piuttosto prevedere che molti soldi, alla notizia di una possibile tassazione, lasceranno la Svizzera per raggiungere altri lidi. Ma prima ancora di questi calcoli esiste un problema tempo che rende la proposta di Berlusconi debole”.
Bernasconi spiega che, ammesso anche che si raggiunga al più presto un accordo, “occorrerebbe l’approvazione da parte del Parlamento. Ma c’è una larga parte dell’opinione pubblica svizzera contraria ai patti fiscali. Dunque dobbiamo mettere in conto una raccolta di firme e un referendum a cui l’accordo con l’Italia sarà sottoposto. Un referendum, vista l’aria che tira, dagli esiti molto incerti. Al tirare delle somme, nella migliore delle ipotesi Roma non vedrà i primi soldi da Berna prima di 4 o 5 anni”.

Bernasconi sottolinea poi che in realtà la Svizzera “aveva avanzato alcune richieste chiave che non avevano ancora trovato risposta. Ne cito una su tutte: la possibilità – afferma – per le banche elvetiche di entrare sul mercato italiano, ipotesi davanti alla quale l’Abi aveva sempre risposto no. E con la situazione attuale di molti istituti di credito della penisola, ve le vedete le banche italiane reggere l’urto della concorrenza svizzera?”.



×

Iscriviti alla newsletter