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E’ colpa di Consulta e referendum se la nuova legge elettorale non è maggioritaria. Parla il prof. Ceccanti

Quanto afferma Panebianco ha certamente una sua razionalità. Ma c’è una questione impossibile da dimenticare: che già ci troviamo all’interno di un sistema proporzionale, a causa dell’esito del referendum del 4 dicembre e della conseguente sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum“. Dell’editoriale con cui ieri, dalle colonne del Corriere della Sera, il politologo Angelo Panebianco ha demolito il germanellum in discussione alla Camera, paventando una dissoluzione progressiva della democrazia, il costituzionalista Stefano Ceccanti riconosce la logica di fondo. Ma non il giudizio estremamente negativo, perché – come ha affermato in questa conversazione con Formiche.net – “occorre fare i conti con le soluzioni che effettivamente è possibile adottare“. E in fatto di legge elettorale – ha ragionato ancora il professore di Diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza – non è che le alternative plausibili fossero così abbondanti.

La migliore mediazione possibile?

Non so se è la migliore, ma certo non possiamo non sottolineare il punto nel quale ci troviamo adesso: per via di due distinte sentenze della Corte Costituzionale, esiste un sistema elettorale per la Camera e uno diverso per il Senato. Di fronte a una situazione del genere è chiaro che non ci fossero molti margini di manovra. Ora si sta tentando di ridurre al minimo i danni. Quantomeno la legge elettorale in discussione a Montecitorio introduce regole uguali per entrambe le Camere, a cominciare dalla clausola di sbarramento al 5%.

Difficile fare di meglio? 

Il Parlamento è fortemente frammentato e proporzionalizzato con numerosissimi gruppi tra Camera e Senato. E’ difficile pensare che in questo contesto si potesse varare un sistema maggioritario. Peraltro pure con la presenza di due Camere chiamate entrambe a votare la fiducia al governo.

Ma perché il Pd ha abbandonato la via del maggioritario e imboccato quella del proporzionale?

Perché in Parlamento c’era una sola forza che esprimeva una netta tendenza maggioritaria. Appunto il Partito democratico, che ovviamente non poteva bastare. Inoltre si considerino anche i problemi tecnici che ci stanno riportando verso il proporzionale. Con le sue sentenze la Corte Costituzionale ha infatti disseminato il sistema di tutta una serie di condizioni. Per cui non era così semplice fare una legge proporzionale con premio. E poi anche se eleggessimo tutti i parlamentari con i collegi uninominali verrebbero fuori risultati a chiazze. Sia con il turno unico che con il doppio turno.

In assenza di partiti forti, il proporzionale che tipo di garanzie di stabilità e governabilità fornisce? Secondo Panebianco nessuna…

Non c’è dubbio che il proporzionale con partiti deboli sia difficilmente in grado di fornire prestazioni all’insegna dell’efficienza. Ma questa legge va comunque a migliorare l’esistente, quantomeno – le ripeto – perché prevede un’uniformità tra Camera e Senato. Se, poi, la questione principale è consentire ai cittadini di conoscere il governo la sera del voto, le strade da seguire sarebbero altre.

E quali?

La prima è l’introduzione di un premio di maggioranza, oggi però resa molto complessa dai limiti derivanti dalle pronunce della Consulta. La seconda, invece, è il modello francese: presidente eletto direttamente e, poche settimane dopo, elezione maggioritaria dei deputati.

Un’altra riforma costituzionale?

Sì, per varare un sistema che sia pienamente semi-presidenziale. Non dico per l’oggi ovviamente. Ma per il futuro, neppure così a lungo termine peraltro. Non escludo affatto che sullo sfondo questa ipotesi possa rappresentare un reale obiettivo qualora l’impianto proporzionale dovesse palesare – o, per alcuni, confermare – i suoi problemi. Primo tra tutti la difficoltà di formare un governo.

Stando ai sondaggi questa sistema elettorale non consentirà la formazione di alcuna maggioranza, salvo quella difficile anche solo da immaginare tra Pd e M5s. Siamo condannati all’ingovernabilità?

A mio avviso le proiezioni fatte sui sondaggi di oggi non hanno molto senso perché poi c’è la campagna elettorale, durante la quale le carte in tavola possono cambiare anche radicalmente. Detto questo, mi sembra però difficile che si possa creare il governo di un solo partito. Con tutta probabilità avremo bisogno di un governo con almeno due forze politiche. Bisognerà vedere se il Parlamento sarà in grado di farlo. E non è scontato. Così come non è scontato neppure che ci sia la stessa maggioranza in entrambe le camere.

In ottica governabilità la clausola di sbarramento al 5% che effetti avrà? 

Meno partiti la supereranno e più diventerà facile formare un governo in Parlamento, anche perché i seggi delle forze politiche che non la raggiungeranno saranno ripartiti tra gli altri. Da questo punto di vista mi pare che sia una scelta onestamente sensata. Si tratta di una decisione che contribuirà a ridurre l’inevitabile frammentazione che il sistema proporzionale porta con sé.

Ma è vero che i piccoli partiti contribuiscono all’ingovernabilità? Nella prima Repubblica non era così.

In quella fase, però, gli elettorati erano congelati e si spostavano in maniera assolutamente limitata, mentre le coalizioni si formavano anche e soprattutto in virtù della chiara divisione esistente a livello internazionale. Oggi siamo in un periodo completamente diverso nel quale le appartenenze sono molto più flessibili e liquide. In un momento come questo il proporzionale può produrre effetti molto meno scontati di quanto non avveniva in passato.

Secondo Panebianco il caos generato da questa legge elettorale rafforzerà ancora di più il MoVimento 5 Stelle. E’ così? Pd e Forza Italia stanno facendo un regalo a Beppe Grillo?

Se fosse dipeso da me, avrei corso il rischio del ballottaggio nazionale con la possibilità di una vittoria del M5s. Registro, però, che è stata scelta un’altra strada. Non faccio previsioni per il futuro ma è chiaro che le forze politiche di critica al sistema possano giovarsi di un’eventuale situazione di confusione. Potrebbe anche determinarsi in tal senso una rendita di posizione. Tuttavia non sappiamo ancora quale partito arriverà primo alle elezioni. Non è escluso possa essere il M5s che, in quel caso, sarebbe chiamato a cercare eventuali alleati in Parlamento.

Ma da sostenitore del maggioritario quale lei è sempre stato, come lo sta vivendo il ritorno al proporzionale?

Personalmente sono sempre favorevole alle decisioni che portano avanti il bene possibile. Non è la legge elettorale che avrei fatto io. Potrebbero esserci alcuni problemi. Ma siamo pur sempre di fronte a una legge del Parlamento che migliora la situazione esistente. E non è poco.

Il sì al germanellum porterebbe necessariamente a elezioni anticipate?

Credo proprio di sì. Con il varo della legge elettorale penso diventerà inevitabile il ritorno alle urne prima della scadenza naturale. D’altronde la maggioranza parlamentare ha già iniziato a dissolversi. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. I piccoli partiti – sui quali incombe la clausola di sbarramento al 5% – dovranno subito iniziare pensare a come prendere voti nel nuovo sistema. E per riuscirci non potranno che smarcarsi dal governo e dal Partito democratico. E, dunque, fatalmente la coesione verrà meno. Penso, ad esempio, alla posizione di Mdp su una questione non così cruciale come la normativa che sostituisce i voucher. Lo dico senza alcuna critica di ordine moralistico. Ma è chiaro che per arrivare alla fine della legislatura la legge elettorale non avrebbe dovuto essere toccata.


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