Il governo di Paolo Gentiloni sembra non perdere le speranze di riuscire a scongiurare per le banche venete, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, un salvataggio con l’applicazione delle regole “rigide” del bail-in, senza il paracadute dei soldi pubblici previsti dalla ricapitalizzazione precauzionale.
LE PAROLE DI BARETTA…
La volontà di evitare ai due istituti di credito veneti il bail-in in senso stretto è emersa dalle parole pronunciate il 6 giugno dal sottosegretario al Tesoro, Pierpaolo Baretta, intervenuto al congresso First Cisl. Il governo, ha affermato Baretta, non ricorrerà alla “ricapitalizzazione precauzionale” con fondi pubblici delle banche venete senza il via libera dell’Europa ma si opporrà in ogni caso all’applicazione del bail-in per i danni che questo comporterebbe a livello di sistema e sull’economia nazionale. Un’affermazione un po’ contorta che può essere letta in diversi modi. Innanzi tutto, ci dice che il governo Gentiloni non è intenzionato, come qualcuno suggerisce, a utilizzare i soldi pubblici stanziati a dicembre per le banche (20 miliardi totali di cui una parte già stanziati per Mps) per mettere in salvo i due gruppi veneti. Se lo facesse subito, senza quindi attendere la luce verde della Commissione europea, si rischierebbe una procedura di infrazione; che Palazzo Chigi, quindi, vuole evitare. L’altra lettura della frase di Baretta è che si cercherà in ogni modo di evitare il bail-in; ergo, si sta trattando con l’Unione Europea, che di recente, per dare il proprio ok, avrebbe domandato un miliardo in più di contributo da parte dei privati (nell’ambito della ricapitalizzazione precauzionale per cui è già stato individuato un fabbisogno complessivo di 6,4 miliardi per le due banche venete). Secondo Baretta, un fallimento dei due gruppi scatenerebbe “una crisi sistemica” e danni “non solo al territorio” del Triveneto che “è una delle aree più industrializzate” e innovative d’Europa ma anche “sull’andamento generale” dell’economia italiana.
…E QUELLE DI VIOLA
Nei giorni scorsi le possibili conseguenze di un bail-in sono state al centro delle cronache e anche delle polemiche, dopo le parole pronunciate dall’ad di Popolare di Vicenza, Fabrizio Viola, in una intervista al Corriere della Sera del 2 giugno. Viola, sintetizzando al massimo, ha dichiarato che “la procedura di bail-in impone il rientro forzoso degli impieghi a tutela dei depositi”. Il 6 giugno, poi, in una precisazione sullo stesso quotidiano, la marcia indietro, in cui Viola ha precisato: “Nel valutare le conseguenze del bail-in, ho fatto riferimento agli effetti che potrebbero, eventualmente, verificarsi nel caso di una liquidazione coatta amministrativa. Nello scusarmi per l’equivoco, desidero comunque evidenziare che una resolution delle due banche venete non potrebbe non avere effetti – sia pur indiretti – anche sull’offerta di credito nelle aree di riferimento delle due banche”.
COSA SUCCEDE DAVVERO CON IL BAIL-IN
Prima di fare qualche ragionamento, una premessa: dall’entrata in vigore delle nuove regole sul bail-in per la risoluzione delle crisi bancarie, nel gennaio del 2016, non è mai stato attuato alcun salvataggio. Ciò significa che, se non si dovesse trovare un accordo con l’Europa sulla ricapitalizzazione precauzionale e dovesse scattare il bail-in in senso stretto, le banche venete sarebbero il primo banco di prova. Come sempre in questi casi, perciò, non è facile stabilire a priori quel che succederà. Quel che si può dire però è che, se le due banche fossero poste in risoluzione con le regole del bail-in senza eccezioni, a coprire le perdite sarebbero, nell’ordine, azionisti, obbligazionisti subordinati, obbligazionisti senior e correntisti con oltre 100 mila euro. Obiettivo delle nuova regolamentazione è evitare i salassi pubblici che si sono verificati per salvare le banche europee (ma non quelle italiane) negli ultimi anni: i cosiddetti bail-out. E poiché in questi salvataggi pubblici non scattava la richiesta di rientro dei prestiti, allo stesso modo non è previsto che scatti con il bail-in, mentre, come sostiene Viola quando torna sui suoi passi, scatterebbe con la messa in liquidazione vera e propria delle banche. Vero è – e questo Viola lo ammette nella precisazione – che con l’applicazione rigida del bail-in si rischierebbe un’incertezza che con la ricapitalizzazione precauzionale e l’intervento dello Stato probabilmente si eviterebbe. Ma ci muoviamo comunque in un territorio inesplorato. La parola, per capire meglio in che direzione si andrà, passa alla Commissione europea.