Si apre una settimana cruciale per il salvataggio della Popolare di Vicenza e Veneto Banca. E che il motto è “adesso o mai più” si capisce dalle esortazioni degli stessi banchieri. “Non c’è più tempo da perdere”, ha avvertito il consigliere delegato della Popolare di Vicenza, Fabrizio Viola, mentre il presidente, Gianni Mion, ha invocato risposte “precise e rapide”.
OPERAZIONE “DI SISTEMA”
A dare queste risposte è chiamato essenzialmente il sistema bancario nazionale e in modo particolare le due banche maggiori: Intesa Sanpaolo e Unicredit. Come emerso nei giorni scorsi, infatti, circa una settimana fa, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha contattato i vertici dei due istituti di credito, e quindi Carlo Messina e Jean Pierre Mustier, per chiedere loro aiuto – un aiuto urgente – sulle venete. Per Popolare di Vicenza e Veneto Banca la situazione è precipitata di recente, quando l’Antitrust europea (Dg Comp) ha chiesto un miliardo e 250 milioni di euro in più di risorse dai privati. Non è stato trovato alcun investitore privato disposto a mettere questi soldi, motivo per cui si è fatta strada la soluzione di sistema, che vede tutti i soggetti del mondo del credito fare uno sforzo in base alle proprie dimensioni. Se le altre banche capitanate da Intesa e Unicredit riusciranno dunque a fare quadrato e a trovare un accordo si potrà procedere con la ricapitalizzazione precauzionale delle venete, che presuppone l’utilizzo di denaro pubblico per mettere in salvo i due istituti di credito.
LE PROSSIME TAPPE
Sulla tempistica è stato lo stesso Mion a delineare il calendario: “Noi lunedì abbiamo un comitato rischi, martedì un consiglio di amministrazione”, dal quale “ci aspettiamo risposte precise” e in assenza delle quali aleggia anche il timore di dimissioni in blocco dei consiglieri. Sempre martedì, dovrebbe riunirsi il cda di Veneto Banca, guidato da Cristiano Carrus. I consigli di amministrazione delle due banche venete faranno il punto sulla situazione dopo le aperture arrivate da Intesa Sanpaolo e Unicredit.
I NODI DA SCIOGLIERE
Non mancano i nodi da sciogliere. Secondo quanto scritto da Marco Ferrando sul Sole 24 ore dell’11 giugno, “lo schema di massima c’è e anche l’intenzione, per lo meno da parte di Unicredit e Intesa Sanpaolo, di portarlo a compimento”. Tuttavia, aleggiano due elementi di incertezza sul piano di salvataggio di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Secondo il Sole 24 ore, si tratta, per prima cosa, della forma che avrà “il veicolo per la ricapitalizzazione”. Potrebbe trattarsi di uno schema simile a quello di Atlante, già socio quasi al 100% delle due banche venete dopo gli aumenti di capitale da 2,5 miliardi del 2016.
LA VICENDA ATLANTE
Simile ma non coincidente, dal momento che il fondo guidato da Alessandro Penati, di cui proprio Intesa e Unicredit sono i maggiori soci, nei giorni scorsi, ha fatto sapere chiaramente che non intende più sborsare un euro per le venete (tra l’altro ha già anticipato 940 milioni per il nuovo aumento di capitale). E questo anche perché non è affatto sicuro che l’Europa, una volta che le venete si saranno fuse, non chieda un nuovo rafforzamento del capitale e quindi nuovo denaro. E proprio questo riguarda uno degli altri nodi da sciogliere per l’intervento di sistema. Come riporta sempre il Sole 24 ore, Intesa e Unicredit sarebbero orientate a ottenere un “avallo da parte della Bce e della Commissione europea, una sorta di garanzia (formale e sostanziale) del fatto che l’importo privato necessario per consentire l’aumento dello Stato (con la ricapitalizzazione precauzionale, ndr) sia effettivamente di 1,25 miliardi e che l’intervento della cordata sia risolutivo, senza rischi di ulteriori sorprese”. Perché per le venete, negli ultimi tempi, ce ne sono state fin troppe.