Helmut Kohl, il Gigante buono tedesco, il leader che portò la Germania alla Riunificazione e l’Europa al traguardo dell’Unione, ci ha lasciato. Questa volta, per sempre. Si era già sottratto agli sguardi del mondo sin dal 2002, dopo aver rinunciato alla rielezione per essere stato coinvolto in uno scandalo di finanziamenti illegali al partito. Era già morto politicamente, assiso in alto senza più nessuno intorno, sugli scranni del Bundestag.
La riabilitazione, che arrivò tardiva quanto poco calorosa, ebbe il sapore della rimozione, l’ennesima. La Germania aveva voltato pagina, e non voleva più fare i conti con la Storia passata, e soprattutto con chi aveva dovuto accettare l’ultimo giudizio delle Potenze di occupazione, quelle che con il Trattato del 12 settembre 1990 per la Sistemazione finale relativa alla Germania, le avevano restituito finalmente la piena sovranità sulla conduzione degli affari interni ed internazionali dopo cinquant’anni di buona condotta.
Helmut Kohl non ebbe mai dubbi sulla necessità di procedere alla Riunificazione tedesca solo in un quadro europeo saldo e pacificato. Cedette per questo alla richiesta del presidente francese François Mitterand di rinunciare al marco in cambio di una moneta comune, riconoscendo che una politica monetaria autonoma da parte della Germania sarebbe stata insostenibile, non solo per gli altri Paesi europei. Gli sconquassi sul mercato dei capitali che avevano accompagnato quegli anni, così come le ruvide relazioni con gli Usa, che avevano preteso la rivalutazione del marco, erano stati un monito che Kohl aveva ben chiaro.
Kohl fu l’artefice della Riunificazione, completando il lungo percorso compiuto sin dai tempi di Adenauer. Si trovò a compiere gli ultimi passi, decisivi, quelli dello scontro finale con l’Unione sovietica condotto dal Presidente americano Donald Reagan, dopo il lungo lavoro di avvicinamento all’Est compiuto dal leader socialdemocratico Willy Brandt negli anni più duri della Guerra fredda. Era stata finalmente superata la fase durissima del terrorismo rosso che era dilagato in Europa, il periodo in cui si temette più volte che il Muro potesse cadere, ma a danno dell’Occidente.
I sedici anni del Cancellierato di Kohl, dall’ottobre dell’82 a quello del ’98, sono stati quelli in cui la Germania e l’Europa sono cresciute insieme, in cui c’è stato un equilibrio tra la volontà incomprimibile della Germania di tornare ad essere grande e la capacità di integrarla in un contesto continentale capace di assorbirne la forza, mettendola a fattor comune.
E’ questo equilibrio che da tempo manca alla Germania ed all’Europa, è questo il grande vuoto che Kohl ci lascia.