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Scalfari e la logica errata sull’Europa

Parte bene Scalfari, paragonando l’Europa della moneta unica agli Stati Uniti ed allo loro storia. Ma pare imparare poco da quella storia per noi così importante.

“…l’Europa federale ancora non è nata. Non abbiamo molto tempo per farla nascere: l’economia globale prevede confronti tra continenti. L’Europa … ha una forza potenziale enorme … ma diventerà del tutto irrilevante se continuerà ad essere sgovernata (nostra enfasi) da una confederazione di Stati con una moneta comune usata da poco più di metà di essi.”

Concordiamo in pieno. Eppure Scalfari non trae le logiche conseguenze dal suo paragone e dal suo ragionamento quando continua affermando:

“Abbiamo a disposizione non più di una decina di anni di tempo per arrivare a quel risultato e, poiché si tratta d’un percorso fitto di ostacoli, occorre intraprenderlo da subito. Non è un obiettivo che viene dopo gli interessi nazionali perché è esso stesso un interesse nazionale e non può essere accantonato o timidamente sostenuto. L’Europa deve diventare uno Stato con il suo bilancio, un suo governo, un suo Parlamento, una sua Banca centrale. Per ora ci sono soltanto timidi abbozzi dai quali emerge soltanto un Consiglio intergovernativo che decide solo all’unanimità o con maggioranze altissime dell’80 per cento. Se resteremo in queste condizioni, tra dieci anni saremo solo una memoria nella storia culturale del pianeta. E nulla più.”

No. Lo sgoverno europeo è dovuto all’incapacità dei governanti di generare un coeso tessuto europeo, pre-condizione essenziale per volere una unione di singoli interessi nazionali.  Coesione. Coesione. Coesione.

L’etimologia della parola unione è semplice: “rendere uno”. Ma chi dovrebbe “rendere uno”? Dall’alto l’elite o dal basso i popoli? La mia impressione è che i leader debbano ottenere l’assenso dei popoli, voi che ne dite?

Per fare ciò, dobbiamo far sì che il progetto europeo sia innanzitutto percepito come coerente con l’interesse nazionale di ognuno. E dunque prima di avventurarci in qualsiasi altro progetto abbiamo bisogno di crescita, in ogni dove. Là dove vi è già, pare facile, come in Germania. Ma là dove non vi è, come la Grecia, o l’Italia, come generarla? Nel lungo periodo, con le riforme, certo. Ma nel breve periodo, quello a cui è giustamente interessato Scalfari (e altro che dieci anni di tempo. Qui il tempo è molto di meno), come fare? C’è una sola via. Con politiche della domanda che sostengano l’economia. E qui la Germania può fare molto, nel suo stesso interesse: una sua politica fiscale espansiva, meno tasse a carico dei suoi lavoratori, accoppiata a minore austerità greca ed italiana, generano benessere sia per i lavoratori tedeschi che per quelli greci, rafforzando la voglia di Europa di ognuno.

Lo “sgoverno” europeo non è dovuto a una mancata di centralizzazione delle istituzioni, ma alla stupida austerità di cui un giornale come Repubblica dovrebbe chiedere la testa ogni giorno, ma chissà perché non lo fa. Anzi, concentrarsi oggi a costruire altre istituzioni, distraendosi dal compito principale di accogliere la richiesta di aiuto di chi è in difficoltà, renderà i popoli ancora più distanti dall’Europa, rendendo questa ancora più fragile di quanto non sia già oggi.

Lo sanno gli Stati Uniti, che sono diventati una vera unione – con una unione fiscale che delegava il potere di dettare il bilancio al centro – solo dopo 130 anni di vita, quando un Presidente solidale e vero leader, Franklin Delano Roosevelt, venne incontro con i soldi degli Stati meno in difficoltà e dei mercati alle difficoltà di quelli più sofferenti. Il contratto sociale americano fu scritto allora, l’Unione, in un certo senso, nacque allora.

L’unico credito, quello che viene sempre ripagato, è quello della gratitudine. Sarebbe ora che lo capissimo e ci gettassimo a capofitto a mostrare di averlo capito con scelte di politica economica conseguenti.



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