Un bacino commerciale da venti milioni di consumatori e 80mila nuovi posti di lavoro: è il potenziale del Mercato unico dei Balcani, la proposta lanciata nel recente summit di Sarajevo del marzo scorso dal premier serbo Aleksandar Vučić, in attesa del lontano ingresso nell’Unione europea. Lo scorso 10 febbraio a Skopje l’idea era stata spiegata a margine del vertice dei ministri degli Esteri e dell’Energia dei sei paesi (Albania, Bosnia Erzegovina, Fyrom, Kosovo, Montenegro e Serbia) destinatari del cosiddetto Processo di Berlino, ovvero l’iniziativa per implementare il sistema di cooperazione nei Balcani avanzata dalla Cancelliera Angela Merkel e di cui l’Italia detiene nel 2017 la presidenza.
RISCHIO NUOVA EX JUGOSLAVIA
Il no alla proposta serba arriva da Kosovo, Montenegro e Albania, convinti che Belgrado voglia dominare sui mercati regionali rifacendo, di fatto, una nuova ex Jugoslavia grazie all’espansione dell’influenza russa nei Balcani. Alma Lama, ambasciatrice del Kosovo in Italia, è capofila delle regioni del no: la sua tesi è che, dal momento che si sta già lavorando per entrare nell’Ue non si capisce perché la Serbia “faccia una fuga in avanti con un’altra proposta”. Tra l’altro il Kosovo non è stato nemmeno riconosciuto da Serbia e Bosnia, tantomeno c’è l’ok al transito di merci e cittadini. Vučić intervistato da Politico ha parlato di una “nuova Jugoslavia, più l’Albania”, dove il ruolo di king maker sarebbe proprio di Belgrado.
L’Italia ospiterà il summit sui Balcani occidentali del 2017 a Trieste il prossimo 12 luglio, che segue quelli degli scorsi anni tenuti a Parigi e Vienna. Il vertice di Trieste deve portare ad un rafforzamento dell’integrazione economica della regione, è l’intenzione espressa del commissario Ue all’Allargamento, Johannes Hahn. E’lui ad aver proposto il mercato unico nei Balcani come base di partenza per l’integrazione della regione nell’Ue.
PERCHE’ SI’
I sostenitori del mercato unico, guidati dal serbo Vucic, che ha appena nominato un primo ministro dichiaratamente Lgbt, Ana Brnabic, sostengono che sarebbe molto più vantaggioso per ciascuno dei Paesi balcanici essere all’interno di un mercato di oltre 20 milioni di consumatori. In secondo luogo un altro fattore di convenienza risiederebbe nell’incremento contemporaneo del volume di scambi tra i singoli. E’la linea tracciata dal commissario europeo all’allargamento Hahn, che punta tutto sull’economia di scambi per trainare il processo di integrazione europea della macro regione.
PERCHE’ NO
“Siamo contrari – illustra a Formiche.net l’ambasciatrice Lama, già deputata per due legislature prima dell’incarico diplomatico a Roma – perché non vorremmo ritrovarci di nuovo a che fare con una ex Jugoslavia. Tutti sanno quale posizione ha rivestito il Kosovo in quella macro area: discriminata dai serbi in economia e nella nostra identità perché il più povero dei paesi. La storia della convivenza con i serbi nella Jugoslavia è iniziata con una occupazione classica, poi il tutto è finito, come è noto, in tragedia con la guerra del 1998-1999. L’intero secolo scorso è stato una gran battaglia per la libertà. Per questo non vogliamo che si possa ritornare a quei parametri, che hanno prodotto solo tragedie e sofferenze a causa della filosofia della dominanza”.
Questa la ragione per cui il governo kosovaro, che presenta una posizione unitaria con Albania e Montenegro, ritiene l’idea del mercato unico proposta da Vucic “non sincera, ma figlia di un tentativo di dominanza” per varie ragioni. In primis per il mancato riconoscimento del Kosovo da parte di Serbia e Bosnia-Erzegovina: un passaggio che ha conseguenze non solo politiche ma anche nella vita pratica di cittadini e istituzioni.
Inoltre tutti i Paesi dell’area balcanica stanno già lavorando per entrare nell’Ue, con un grosso sforzo preparatorio: “In Kosovo stiamo procedendo in accordo con la legislazione europea proprio per non mancare questo obiettivo. Come potremmo cambiare in corsa, adesso, solo perché Belgrado ha avanzato questa altra proposta? Va ricordato anche che non tutti i paesi dei Balcani versano nelle medesime condizioni commerciali: la Serbia di Vucic ha un accordo di libero mercato con la Russia, significa che è una finestra per arrivare a Mosca. Mi chiedo se questa contingenza possa essere tollerata dall’Ue”.
Anche a livello economico Pristina non è pronta a confrontarsi con altri attori che sono molto più avanti, perché non hanno sofferto le conseguenze della guerra. Tra l’altro una unione doganale esiste già, ovvero il mercato comune di Cefta, nato quando il Kosovo era sotto l’amministrazione dell’Onu.
CEFTA
Il Central European Free Trade Agreement fu istituito dal cosiddetto “Gruppo di Visegrád“, Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia nel 1992: è un accordo di libero scambio tra la Repubblica di Macedonia, la Serbia, il Kosovo, la Bosnia Erzegovina, il Montenegro, l’Albania e la Moldavia.
In precedenza tutti i membri del Cefta avevano già detto sì ad un Accordo di Stabilizzazione e Associazione con l’Unione europea, per cui il Cefta è servito come traino all’ingresso vero e proprio di quei Paesi nell’Ue. E mentre quei Paesi che hanno abbandonato negli anni il Cefta sono progressivamente entrati nell’Unione, lo stesso accordo è stato mantenuto in vita per assicurare un tutoraggio a quegli Stati che, tramite Patto di stabilità per il sud est d’Europa, hanno raggiunto gli accordi di stabilizzazione con l’Ue.
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