Sono cominciate da tempo le grandi manovre per l’elezione del prossimo presidente del Comitato militare della Nato che, dal giugno 2018, prenderà il posto del generale ceco Petr Pavel. L’Alleanza atlantica ufficialmente non comunica i nomi dei candidati, ma solo quello di chi sarà eletto nella riunione del Comitato militare in programma in Albania nel prossimo settembre. La rosa dei pretendenti comprende tre nomi: il generale Claudio Graziano, 63 anni, capo di Stato maggiore della Difesa, per l’Italia; l’Air Chief Marshal Sir Stuart Peach, 61 anni, al vertice delle Forze armate britanniche; il generale olandese Tom Middendorp, 56 anni, capo di Stato maggiore delle forze armate dei Paesi bassi.
Il Comitato militare della Nato, che riunisce i vertici militari di tutti i Paesi membri, è un organo di collegamento tra il vertice politico e la struttura militare oltre che di supporto per le scelte strategiche dell’Alleanza. L’Italia ha ricoperto per tre volte la carica di presidente: con il generale Giuseppe Mancinelli negli anni Cinquanta, con l’ammiraglio Guido Venturoni a cavallo del nuovo Millennio, e con l’ammiraglio Giampaolo Di Paola tra il 2008 e il 2011 (era stato prorogato nell’incarico) quando fu chiamato da Mario Monti come ministro della Difesa. Fin dalla nascita della Nato il peso statunitense ha comportato che fosse un americano il comandante supremo delle forze alleate, oggi il generale Curtis M. Scaparrotti, e di conseguenza gli Usa non concorrono mai per la poltrona più importante del Comitato militare che è comunque molto prestigiosa e spesso rappresenta la migliore conclusione di una carriera. Non deve stupire, quindi, se ogni candidato stia giocando le sue carte per ottenere il mandato triennale.
È noto che quell’incarico sia ambito da Graziano, sostenuto in questo dal governo: nello scorso gennaio, infatti, il suo mandato al vertice dello Stato maggiore della Difesa fu prorogato dal Consiglio dei ministri fino al 22 novembre 2018 in modo da consentirgli di essere in servizio al momento della scadenza degli attuali presidenti sia del Comitato militare della Nato che di quello dell’Unione europea. Oggi, però, la battaglia riguarda la Nato e il candidato inglese appare sulla carta il più temibile. Un britannico non siede su quella poltrona dalla prima metà degli anni Novanta e, considerando gli storici e strettissimi rapporti con gli Stati Uniti, non sarebbe strano se gli americani tifassero per lui. Sempre sulla carta appare invece più debole la posizione dell’Olanda che ottenne l’ultimo incarico nella prima metà degli anni Ottanta.
È evidente, quindi, che tutto si gioca sul piano della diplomazia politica prima che militare. Il segnale che lanciò il Consiglio dei ministri con una proroga di quasi due anni fu chiarissimo, ora però tocca agire anche nei rapporti internazionali affiancando la presidenza del Consiglio e il ministero degli Esteri al ministero della Difesa perché manca poco all’appuntamento di Tirana in settembre. Subito dopo dovrà essere scelto anche il nuovo presidente del Comitato militare dell’Ue, incarico che per l’Italia fu ricoperto dal generale Rolando Mosca Moschini tra il 2004 e il 2006: il generale greco Mikhail Kostarakos scadrà nel novembre 2018, ma fu nominato nel dicembre 2014. Per Graziano sarebbe un’opzione in più se non dovesse farcela alla Nato.