Il “come” nessuno lo esplicita e le ricette non sempre convergono. Ma agli atti tutti mettono un’esigenza: far rivivere la tradizione della Democrazia cristiana. A parlarne, a Roma, si sono ritrovati ieri una serie di ex: Angelino Alfano, Gianpiero D’Alia, Lorenzo Dellai, Giuseppe De Mita e Marco Follini. Il gran cerimoniere però è lui: Ciriaco De Mita, che concede un “bis” dopo l’incontro già organizzato a Napoli lo scorso 9 giugno. Titolo: “Popolari al bivio”.
E l’ex dirigente democristiano comincia subito con una certa dose di veleno verso Matteo Renzi, un “fiorentino” che – dice – più che alla tradizione dei Medici si richiama a quella dei Ciompi. La scena politica la vede fatta da una “pluralità di posizioni”: il M5s, e poi il centrodestra con Berlusconi per il quale, sottolinea, “non ho avuto mai simpatia ma nemmeno antipatia, però non ci siamo mai trovati”. “Di qua – osserva – è prevedibile una maggioranza, poi Berlusconi che è bravo prevede una maggioranza da una parte e una anche dall’altra per non sbagliare”. Di contro, sul fronte della sinistra ci sono “due pezzi del Pd che si fronteggiano”. Per De Mita è sbagliato ragionare anche sulle convenienze che possono derivare da questa o quella legge elettorale. “Quando sento dire che ognuno vuole andare per conto suo e poi semmai si fanno le coalizioni, immagino – osserva – che uno pensa di vincere le elezioni facendo il salto in alto senza rendersi conto che tutti gli altri possono mettersi insieme e fare tombola”.
Detto questo, ecco l’appello agli ex democristiani: “Dico a noi che siamo stati Dc, perché non riflettere recuperando la tradizione di un grande partito popolare? La politica è pensiero. Secondo me non dovremmo fare fatica, c’è il ricordo di questa grande storia che non rottamava nessuno e mai emarginava gruppi dirigenti”. Una precisazione: “Non ho minimamente – spiega – intenzioni operative, la mia intenzione è discutere”.
Per Marco Follini il problema principale da affrontare è principalmente “culturale”. “Nessuno di noi – osserva – ha nostalgia del passato, nessuno immagina di rifare la Dc e tantomeno la caricatura della Dc. Ma siamo stati interpreti di un tentativo di unificazione politica e civile del paese: dopo di allora tutte le forze che si sono avvicendate erano divisive”. Tuttavia, a suo giudizio, il “centro è in difficoltà perché non è stata fatta un’azione abbastanza convinta di contrasto di quelle false verità che hanno dominato la scena politica” negli ultimi anni e che si sono fondate sull’idea che ci si debba basare su leadership e nuovismo. “Dobbiamo fare – è la sua convinzione – una grande battaglia pre-politica e culturale, che muova l’assalto verso pregiudizi che hanno avvelenato il clima politico. Noi abbiamo una malattia civile, assumiamo farmaci sbagliati e poiché non guariamo continuiamo a prendere quelle stesse medicine che ci intossicano. Se abbiamo il coraggio di fare queste battaglie conto corrente io credo che uno spazio ci sia, ma occorre crederci fino in fondo”.
Diversa la ricetta di Lorenzo Dellai, per il quale “questa riflessione è giusto farla ma è una riflessione di lungo periodo. Io non so se nel lungo periodo è possibile che riesca un’area che somiglia alla Dc, certo non è una prospettiva di questo immediato momento”. Per l’esponente di centro, infatti, l’unica strada ora è quella di favorire una coalizione tra i popolari e la sinistra del riformismo sociale. “Mentre la sinistra si divide – è la sua ricetta – dovrebbe essere il centro popolare a sfidarla nel progetto della costruzione di un’area comune di governo. Non è con la pesca a strascico che si ricostruisce il popolarismo”.
Alla proposta di Dellai risponde tuttavia Angelino Alfano che, dopo aver doverosamente premesso di aver seguito una “traiettoria diversa da tutti gli altri avendo aderito sin dal ’94 a Forza Italia”, spiega che a suo giudizio l’attuale centrodestra è “irriformabile” e non può più essere la casa della tradizione democristiana, vista la presenza di una forza profondamente anti europeista come la Lega. Allo stesso tempo, però, secondo il ministro degli Esteri è inutile anche guardare a sinistra. “Noi – afferma – siamo in presenza di un leader della sinistra italiana che postula la scomparsa del centro e l’assorbimento di esso in una sinistra che sia autosufficiente. Dobbiamo inchinarci al principio di realtà”. Ecco perché, secondo Alfano, ci sono “tutte le condizioni per recuperare le modalità per stare insieme e anche per un progetto di governo”.
“C’è una sola cosa – ci tiene però a sottolineare – che dobbiamo condividere prima di partire: ci vuole un tanto di fede preventiva, se non ci si crede è inutile cimentarsi. Come dice il Vangelo di Matteo occorre passare da una porta stretta. Questa porta è stretta ma sappiamo che se la attraverseremo la strada sarà quella giusta”.
(Testo: Askanews)
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