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Rai, Internet, digitale. Ecco le prime idee del programma Tlc del Movimento 5 Stelle

Rai

Radiotelevisione (Rai) pubblica indipendente dalla politica, libero accesso a internet e reti di nuova generazione. Sono gli ultimi punti del Programma Telecomunicazioni in fieri del Movimento 5 Stelle, pubblicati sul blog di Beppe Grillo gli scorsi giorni. A firmare gli interventi Paolo Garimberti, ex presidente della Rai, Alberto Gambino, presidente dell’Accademia italiana del Codice di internet e Dino Bortolotto, presidente dell’associazione Assoprovider. Ecco tutti i dettagli.

RIFORMARE LA RAI MODELLO BBC

“Sono lieto – scrive Paolo Garimberti, già presidente Rai, direttore del tg2 e giornalista di lungo corso di Repubblica sul blog di Grillo – di dare il mio contributo di osservatore indipendente al dibattito promosso dal Movimento 5 Stelle proprio sulla riforma del servizio pubblico Radio Tv”. Il servizio pubblico, spiega Garimberti, non è solo “utile ma necessario”, però al momento è carente “sia in termini di struttura sia di contenuti”. C’è bisogno di una riforma della governance, si legge, e le possibilità vanno in tre direzioni: “il modello parlamentare con forti correttivi”, “il modello della Fondazione”, e il “modello con avviso pubblico, sorteggio e parere parlamentare”. “Il modello che secondo me funziona meglio – scrive Garimberti – è quello storicamente identificato con il trust della BBC, cioè una fondazione composta da 12 membri, nominati dalla regina e dal Consiglio dei Ministri, ma soprattutto dopo un processo selettivo pubblico molto rigoroso. E qui uniamo un po’ il punto uno e il punto due, la fondazione e il modello suggerito dal M5S e cioè quello con avviso pubblico e sorteggio ed eventualmente parere parlamentare: un mix di questi due”.

ACCESSO A INTERNET E PRIVACY

Dopo le proposte sulla banda larga (e sull’auspicio che Open Fiber, la società controllata da Enel e Cassa depositi e prestiti che opera nella fibra per realizzare il piano governativo sulla banda larga, diventi a tutti gli effetti di dominio statale) arrivano quelle sulla parità di accesso a internet, ancora non assicurata a tutti i cittadini italiani, spiega Alberto Gambino, ordinario di Diritto privato all’Università europea di Roma e presidente dell’Accademia italiana del Codice di internet, nel suo intervento sul blog di Grillo. Le ragioni di tale divario sono di diversa natura e alla base del Movimento toccherà scegliere quali di questi ostacoli risorvere prioritariamente: l’ostacolo infrastrutturale in cui “è evidente che deve intervenire l’apparato pubblico, lo Stato e l’Unione Europea”, fino ad arrivare ai privati pur assicurando, sottolinea Gambino, la libertà di accesso al mercato per tutti. Il secondo divario è quello “culturale” e Gambino, citando Stefano Rodotà per spiegarne il senso, parla di “alfabetizzazione informatica” come il giurista recentemente scomparso parlava di “alfabetizzazione elettronica”. Si deve prevere, quindi, il “coinvolgimento del comparto dell’istruzione” per formare i giovani all’uso della rete. Ultimo punto su cui si sofferma Gambino è lo scambio tra aziende e consumatori: servizi in cambio di dati personali. “Qui c’è un tema di democrazia, cioè bisogna rendersi conto che certamente i costi vanno abbattuti, ma non si possono necessariamente abbattere a carico dei titolari dei device e delle aziende che poi fanno dei pacchetti”.

RETE DI QUONTA GENERAZIONE

Il presidente dell’associazione Assoprovider, Dino Bortolotto, scrive invece di frequenze del digitale e rete 5G. “La decisione europea di riallocare il range frequenziale dei 700 Mhz, attualmente dedicato al digitale terrestre […] è determinata dalle crescenti richieste di nuove frequenze da parte degli operatori mobili” e il problema è, al momento, “come garantire la continuità operativa dei servizi offerti oggi dagli attuali assegnatari, costituiti dagli operatori del digitale terrestre”. Dopo una serie di dettagli tecnici, Bortolotto spiega che questa transizione puà avvenire in tre modi ed è tra questi che gli iscritti saranno chiamati ad esprimersi: la prima vedrebbe lo “spostamento sul trasporto satellitare degli attuali assegnatari del range frequenziale di 700 Mhz” con dei costi per gli operatori per, appunto, lo spostamento, ma che li farebbe risparmiare sui costi della rete del digitale terrestre. Il problema più grande sarebbe il rischio di perdita degli utenti. Le altre due soluzioni sono l'”incremento del numero di bit ottenibili per singolo hertz mediante il passaggio dal digitale terrestre di prima generazione (DVB-T) a quello di seconda generazione (DVB-T2)” e la “compressione del contenuto, ottenibile con il passaggio dalla codifica MPEG alla codifica MPEG4”. Sue queste tre possibilità dovranno pronunciarsi prossimamenti gli iscritti di Rousseau.



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