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Perché Gentiloni, Juncker e Padoan borbottano per l’idea di Renzi sul Fiscal Compact

Giuseppe Pennisi

Non è difficile capire perché la Commissione Europea ha bocciato le proposte di Matteo Renzi su come tagliare il Fiscal Compact su quelle che a suo avviso sono le esigenze per riportare l’Italia sulla via della crescita. E’ più arduo afferrare perché la reazione sia stata tanto veemente. La frase più dura è quella di Margheritis Schinas, portavoce del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Dopo avere ricordato che il Presidente della Commissione ed i Commissari europei hanno “un rapporto molto buono con il Presidente del Consiglio Gentiloni e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Padoan”, la signora ha affermato che “la Commissione Ue non rilascia commenti su dichiarazioni di persone al di fuori di questa cerchia”. Come dire: ragazzino lasciaci lavorare. Ora sei un privato cittadino alla guida di un partito di medie dimensioni; ove mai tornassi al governo, dialogheremmo con te per le materie di tue competenza.

Le reazioni di altri Commissari sono su tutti i quotidiani di oggi. Quindi non è il caso di ripeterle: in generale, gelide e tutte dirette a sottolineare che oggi Matteo Renzi non conta più nulla né in Italia né altrove. Pochi sanno che mentre domenica i quotidiani italiani anticipavano il più recente “piano Renzi” per riaccendere la crescita e ridurre il fardello del debito, Gentiloni a Padoan lavoravano con le autorità europee su una strada completamente differente: un negoziato per cercare di rendere più “morbida” la transizione verso una politica di bilancio più realistica ed una graduale riduzione del rapporto tra debito pubblico e Pil. Le proposte di Renzi sono state lette come “fuoco amico” per porsi al centro della scena, ed iniziare una campagna elettorale in senso anti-Ue, bloccando di fatto il negoziato che le autorità europee hanno in corso con Bruxelles. Quindi solo una delle tante tra “compagni” che stanno spappolando il Pd.

A questi problemi, se ne aggiungono altri più di sostanza. Sotto il profilo giuridico si tratta di riscrivere il Fiscal Compact (firmato e ratificato da 25 Stati dell’UE) oppure di ottenere una deroga da 24 Stati dell’UE e dalla Commissione. I tempi sarebbero lunghissimi. Tanto più che in corso un’altra trattativa: quella per rivedere l’accordo su una base consensuale per tutti i 25. A questo nodo giuridico internazionale, se ne aggiunge uno interno; in Italia il Fiscal Compact è incorporato in una legge costituzionale “rinforzata” che dovrebbe essere soppressa o modificata. Con le procedure del caso.

Sul merito infine cosa assicura che una riduzione di tasse ed imposte od un aumento degli investimenti (ove ci fossero progetti pronti e cantierabili) fossero in grado di riportare l’Italia a crescere? Ci vorrebbe almeno un forte aumento della produttività.


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