“Il paradosso è che Matteo Renzi, se da una parte ha reso il Pd una forza centrista, è quello che sta dando il maggior contributo alla ricostruzione della sinistra in Italia. Una sinistra addirittura socialdemocratica. Perché sta liberando risorse verso quell’area”. Giuseppe Caldarola è un giornalista di lungo corso, nel suo curriculum c’è anche una direzione dell’Unità e, soprattutto, è un profondo conoscitore degli umori che si agitano a sinistra. Ex deputato, oggi è impegnato a dare una mano a quelli di Mdp nel gestire la comunicazione.
Perché Renzi sta ricostruendo la sinistra?
Perché ormai non lo sopporta più nessuno, a ogni sua parola si fa nuovi nemici. Che, di conseguenza, si spostano verso sinistra. L’esempio è Romano Prodi, il creatore dell’Ulivo e dell’idea del Pd, ormai distante da quel partito – la famosa tenda piantata ormai sempre più lontano – che ora ha come interlocutori Bersani e Pisapia. Ora è arrivato anche il libro, Avanti, a procacciare nuovi nemici al renzismo. Ma si può avere un leader così?
Le critiche arrivano anche da personalità che prima sembravano innamorate di lui: Velardi, Rondolino, Ferrara, addirittura il direttore del Foglio Cerasa…
Gli ex dalemiani riformisti e gli orfani di Berlusconi hanno subìto molto la fascinazione renziana, ma anche loro si stanno rendendo conto del suo limite più grande.
Ovvero?
Che non evolve, non cresce. Resta sempre uguale a se stesso, manca il passaggio da giovane promessa a politico di razza. La differenza con Macron è che il francese ha dimostrato di essere un intellettuale e uno statista. Matteo invece suona sempre lo stesso spartito, mentre lo scenario, dal suo esordio in campo nazionale nel 2012, è cambiato. Bisogna studiare, adattarsi, trovare soluzioni. E soprattutto non stare a polemizzare 24 ore al giorno su tutto con tutti. Ormai nessuno lo prende più sul serio.
E torniamo agli ex innamorati di lui.
Claudio Velardi, persona intelligente, ha smesso di dargli credito. Il rischio, per Renzi, è di diventare una macchietta. Ma avete visto come l’ha sbertucciato Mentana l’altro giorno in tv? Ormai si è aperta la diga: nessuno crede più a quello che dice.
Mdp uscirà dalla maggioranza?
Siamo in una situazione anomala: appoggiamo un governo in cui nemmeno il segretario del Pd crede più. Mdp ha chiesto a Gentiloni e Padoan dei provvedimenti da inserire nella prossima legge di bilancio. Se non verranno accolti, credo che in autunno lo strappo si compirà.
Orlando e Cuperlo lasceranno il Pd?
Per ora non penso, perché vorrebbe dire regalare completamente il partito a Renzi e sarebbe un errore. Certo, da qui alle elezioni in quel partito qualcosa dovrà accadere. Renzi lo considera una cosa sua, ma non è così.
A volte sembra che nessuno sopporti più l’ex premier. Ora arriva una pesante critica pure da parte di Mario Monti.
Il problema di Renzi, oltre alla sua evoluzione mancata, è che vive la politica come conflitto permanente. La sua azione prevede sempre un avversario con cui scontrarsi. E poi è di un ego smisurato: è come un attore comico che deve sempre stare al centro del palcoscenico altrimenti teme che il pubblico si dimentichi di lui.
E politicamente?
Il suo piano è chiaro: trasformare il Pd in un soggetto magmatico di centro, che a volte può allearsi con la sinistra, a volte con Berlusconi e a volte stare da solo. In questo senso lo spazio a sinistra può ampliarsi.
Le personalità sono tante e le divisioni esistono.
Innanzitutto credo che a sinistra del Pd si stia sviluppando un’area che finalmente possa prendere il meglio della socialdemocrazia europea. Bisognerà trovare la quadra e non sarà facile. Sinistra italiana, per esempio, ha un pregiudizio su Pisapia. Montanari e Falcone, invece, rischiano di ghettizzarsi.
Pisapia ha scelto di non candidarsi…
Gad Lerner lo chiama “il leader riluttante”. Può darsi che sia così, ma a mio parere la decisione di non candidarsi in Parlamento può dare ancora più forza alla sua leadership.
D’Alema, invece, fa perdere voti…
Questo lo dice Renzi. Per tutta quest’area Massimo è una risorsa importante. E comunque il leader non sarà lui.
Però dovete scrollarvi di dosso l’anti-renzismo militante.
Se l’anti-berlusconismo aveva un senso perché esisteva il berlusconismo, l’anti-renzismo in realtà non esiste perché il renzismo non c’è. Il renzismo è una serie di tweet, è un pezzo di cronaca, che va bene per il prossimo libro di Bruno Vespa.
Non pensa che Renzi qualche merito lo abbia?
Di sicuro, visti gli errori della sinistra degli ultimi dieci anni, a partire da quelli dei governi Monti e Letta, si può dire che in un certo senso il renzismo ce lo siamo meritato. Questo però non significa che ce lo dobbiamo tenere a vita.
Renzi prende ancora molti voti.
Sì, ma lui forse non ha ancora capito che da solo non ce la farà a vincere le elezioni. Per lui l’unico modo di tornare al governo è con l’appoggio di Berlusconi.