“Se uno fa questo moralismo non fa l’imprenditore a livello globale. Quello delle tangenti è un fenomeno che esiste, non si possono negare le situazioni di necessità se si va trattare nei Paesi del terzo mondo o con qualche regime”.
Dopo l’evasione fiscale moralmente giustificabile, Berlusconi ci regala una nuova perla di saggezza imprenditoriale con le tangenti necessarie, “condizioni che bisogna accettare”, “commissioni” internazionali, il tutto ovviamente, e tanto per cambiare, per attaccare i giudici.
A parte la considerazione dell’India come regime o paese del terzo mondo, locuzione che già di per sé sola colloca saldamente Berlusconi entro i confini del ‘900, fa pensare la concezione che il sedicente liberale aspirante presidente del Consiglio ha della libera concorrenza, nazionale o globale che sia: non un sistema economico in cui prevale chi offre i migliori prodotti e servizi alle migliori condizioni economiche, ma un apparato di relazioni in cui prevale chi sa ungere le ruote giuste.
Che poi queste ruote siano arbitri di un lodo o loschi mediatori internazionali, che si chiamino le tangenti commissioni, consulenze o in altro modo, poco cambia, per lui. Per altri, tutto questo continua a chiamarsi corruzione.