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Gli Stati Uniti bombarderanno Isis nelle Filippine?

Droni armati americani potrebbero cominciare presto a colpire obiettivi dello Stato islamico nelle Filippine. Lo hanno riferito due funzionari militari statunitensi alla NBC. Da anni gli Stati Uniti considerano Manila un alleato, condividono informazioni di intelligence, hanno piani comuni di anti-terrorismo, e un piccolo team di consulenti delle unità speciali americane si trova già al fianco dei soldati filippini che stanno da maggio contrastando l’avanzata dei baghdadisti.

LE DICHIARAZIONI DI TILLERSON

L’impegno americano va sotto il nome generico di Joint Special Operations Task Force Trident, e qui sta il punto tecnico: il Pentagono sta pensando di denominare l’operazione di anti-terrorismo nelle Filippine, così da ottenere maggiore copertura economica e dunque allargare il potenziale operativo. Lunedì a Manila c’era il segretario di Stato Rex Tillerson (era lì per il vertice ASEAN), che ha confermato che gli americani stanno collaborando sul piano dell’intelligence con gli alleati per bloccare l’hotspot califfale che è potenzialmente un elemento di scompenso regionale. Tillerson ha parlato di alcuni Cessna e alcuni velivoli senza pilota passati al governo filippino, ma al momento con il solo scopo di monitoraggio e raccolta informazioni sugli obiettivi.

CONTROVERSIE?

“Non vedo alcun conflitto tra gli aiuti [che stiamo fornendo] in questa situazione e le nostre opinioni e preoccupazioni in materia di diritti umani”, ha aggiunto il capo della diplomazia americana a proposito dell’azione di governo del presidente Rodrigo Duterte, contestata dalle organizzazioni come Amnesty International o Human Right Watch per la sua durezza (le centinaia di omicidi extragiudiziali con cui sta combattendo il narcotraffico, attività di cui il presidente Donald Trump s’è complimentato definendola “un lavoro incredibile”, secondo quanto noto di una conversazione telefonica avuta tra i due capi di stato in aprile).

LO STATO ISLAMICO NELLE FILIPPINE

Da metà maggio un gruppo jihadista che s’è dato il nome di Maute e che ha giurato fedeltà al Califfo ha preso il controllo di parte della città di Murawi, che si trova nell’isola meridionale di Mindanao. La fascia meridionale è caratterizzata dalla presenza storica di gruppi che mescolano le istanze politiche dell’autonomismo a quelle ideologiche del fondamentalismo islamico; un esempio è Abu Sayyaf, precedentemente legato ad al Qaeda, ma dai primi mesi del 2016 passato sotto l’egida del Califfato. Questi legami sono diventati via via più stretti, anche se nelle Filippine non si può ancora parlare di una vera e propria Wilayah dell’IS. Attualmente, comunque, l’ex leader di Abu Sayyaf Isnilon Hapilon è riconosciuto come il capo dello Stato islamico nel sud-est asiatico, come ha spiegato Elena Zanchetti sul Post. Anche per la dimensione regionale che il fenomeno sta prendendo, Washington potrebbe cambiare marcia sulla sua operazione.

LA SITUAZIONE SUL CAMPO

Ruben Lagottolla, autore insieme a Cristiano Tinazzi di un video-reportage dal posto, racconta via Facebook la situazione: “Le Forze Armate filippine stanno lentamente riprendendo territorio sulla città di Marawi, ma un mucchio selvaggio di circa 100 combattenti del gruppo Maute, legato allo stato islamico, persiste ancora nella resistenza nei quartieri più centrali della città, nonostante una sostenuta, e secondo alcuni indiscriminata, campagna di bombardamenti che stanno riducendo la città in macerie. Contemporaneamente a Sulu i Marines (fiippine) svolgono operazioni in favore dei civili parallelamente agli scontri nella giungla con i terroristi di Abu Sayyaf”.



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