Per dare una lettura più corretta, forse meno emotiva, dei provvedimenti austriaci al Brennero, si dovrebbero tenere presenti le scadenze elettorali.
L’Austria ha inviato 70 militari che coadiuveranno le forze di polizia italiane nel controllo del confine. La decisione è stata presa dopo che sono stati registrati aumenti del flusso di migranti nei vagoni merci durante le settimane estive. Vienna ha sottolineato che il provvedimento non significa schierare i panzer al confine. Tuttavia, il Viminale ha definito la decisione “sorprendente” e “ingiustificata”. Non ha tutti i torti. Stando ai dati del ministero dell’Interno di Roma, l’Austria non figura certo fra i Paesi più virtuosi in tema di accoglienza migranti. Anzi, rispetto ad altre nazioni come la Svizzera, i Paesi Bassi e i Paesi scandinavi, Vienna conquista una convinta maglia nera.
Perché allora tanto zelo? Forse, guardare il calendario può suggerire una risposta. Il prossimo 15 ottobre si voterà per il rinnovo del Parlamento e l’Austria non arriva a questo appuntamento serena. L’attuale governo, figlio del voto del 2013, è una Große Koalition, grande coalizione, fra i socialisti del socialdemocratici della SPÖ (centrosinistra) e i popolari democristiani dell’ÖVP (centrodestra). Si tratta delle due figure storiche della politica austriaca, che si dividono il potere da anni.
Come in altri Paesi, però, nell’ultimo periodo è subentrata la destra ultranazionalista e xenofoba, che rappresenta un pericoloso outsider. Se questa regola, purtroppo, vale a livello generico in tutta Europa, in Austria va tenuta ancora più presente. Alle presidenziali del 2016, il candidato del Partito della Libertà (FPÖ), Norbert Hofer, che rappresenta la destra più oltranzista, è arrivato a un passo dallo sconfiggere il candidato indipendente, ma vicino ai Verdi, Alexander Van der Bellen, (nella foto). Il primo voto si è tenuto lo scorso 22 maggio e Van der Bellen è risultato vincitore per un soffio.
Il decorso post elettorale è stato reso più complicato da una sentenza della Corte Costituzionale che ha accolto il ricorso del FPÖ e determinato la ripetizione delle elezioni, lo scorso ottobre. Nonostante Van der Bellen sia stato riconfermato presidente, con oltre il 53% dei consensi, una parte dell’elettorato ultra nazionalista non ha accettato il risultato. E se si conta che la Große Koalition, rappresentante della cosiddetta vecchia politica, non è stata in grado nemmeno di fare arrivare un suo candidato al ballottaggio per le presidenziali, è facile capire come la contesa alle prossime elezioni politiche sarà particolarmente dura.
Da una parte c’è un partito xenofobo che punta a una convinta affermazione dopo un voto presidenziale perso per un soffio. Dall’altra ci sono due formazioni, espressioni della vecchia politica e con i socialdemocratici in calo nei consensi.
All’appuntamento mancano meno di due mesi, una delle armi più d’effetto da usare è quella della protezione delle frontiere. Il dettaglio più importante al momento è proprio questo. I migranti stanno diventando un’arma elettorale in potenza molto efficace, anche quando, come nel caso dell’Austria, non ve ne è motivo. Si tratta dell’unico modo in cui la vecchia politica riesce a tenere il passo con le istanze neo nazionaliste e xenofobe che attraversano l’Europa. Impossibile dire quando si concluderà questo processo. Impossibile, comunque, che vi sia un lieto fine, a meno che non ci sia un rinsavimento nei confronti delle politiche dei migranti a livello continentale.