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Sicurezza, che cosa cambierà in Italia dopo la strage a Barcellona

Minniti

“Anche se l’attenzione rimane altissima, il livello della minaccia non cambia per l’Italia”. E’ la frase centrale contenuta nel comunicato diramato dal ministero dell’Interno al termine della riunione straordinaria del Casa, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo che comprende i vertici delle forze dell’ordine e dell’intelligence, alla quale hanno partecipato anche gli ufficiali di collegamento delle forze di sicurezza spagnole in Italia. Durante la riunione il ministro Marco Minniti “ha chiesto di tenere elevato il livello di vigilanza, rafforzando sul territorio le misure di sicurezza a protezione degli obiettivi ritenuti più a rischio, nonché verso i luoghi che registrano particolare affluenza e aggregazione di persone”. Aumenteranno quindi i controlli, ma il livello di allerta tecnicamente inteso resta quello attuale: un gradino sotto quello massimo previsto solo in caso di attentato.

Più controlli, anche gli autonoleggi

Sarà emanata una circolare ai prefetti per un monitoraggio più attento delle varie iniziative previste in Italia: ai comitati provinciali per l’ordine e sicurezza pubblica parteciperanno anche i sindaci e saranno coinvolte le polizie locali. Un’attenzione ancora maggiore rispetto a quanto non si faccia dopo analoghi attentati riguarderà gli autonoleggi e i mezzi pesanti, in particolare quelli diretti verso il centro storico come nel caso di Roma.

Una cellula ampia, non lupi solitari

L’attentato di Barcellona preparato da una cellula di almeno 12 elementi riporta all’attenzione degli esperti e dell’opinione pubblica un aspetto accantonato nei mesi scorsi quando si pensava solo ai “lupi solitari”. Così inizialmente poteva sembrare di fronte al van guidato all’impazzata sulla Rambla di Barcellona, ma la sparatoria della notte a Cambrils con cinque terroristi morti e l’ormai certo collegamento con un’esplosione accidentale un paio di notti prima dell’attentato raccontano un progetto molto più complesso e organizzato. Anzi, gli investigatori spagnoli danno per scontato che quell’esplosione accidentale abbia modificato i piani iniziali che prevedevano un furgone-bomba con bombole di gas da far esplodere nel centro della città: le vittime sarebbero state molte di più.

I combattenti di ritorno

Fin dagli albori della battaglia di Mosul l’antiterrorismo italiano cominciò a raffreddare gli entusiasmi di chi pensava che una sconfitta militare avrebbe dato un colpo mortale all’Isis e induceva a riflettere sul grande pericolo dei foreign fighters che tornavano a casa e che più correttamente andrebbero definiti returned foreign fighters, “combattenti di ritorno”. Nell’ottobre scorso il segretario generale dell’Interpol, Jürgen Stock, quantificò in 15mila i foreign fighters presenti nelle aree di guerra e il coordinatore dell’antiterrorismo dell’Ue, Gille de Kerchove, parlò di 1.500-2mila combattenti che sarebbero potuti tornare in Europa. Niente per ora fa pensare che nell’attentato di Barcellona possano essere coinvolti anche terroristi che erano andati a combattere all’estero, ma il numero e la quasi contemporaneità dell’azione tra Barcellona e Cambrils preoccupa: il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, infatti ha confermato che l’allerta in Italia è ancora maggiore del solito proprio perché una cellula del genere aumenta il pericolo.

125 foreign fighters monitorati

I dati divulgati dal Viminale a Ferragosto indicano in 125 i foreign fighters monitorati quest’anno (erano 110 nel 2016), di cui 37 morti e 22 tornati in Europa. Inoltre, nei primi sette mesi sono stati espulsi 67 soggetti a rischio, di cui 3 imam, e 29 estremisti sono stati arrestati da Polizia e Carabinieri. Il controllo si dimostra fondamentale anche alla luce di quanto avvenuto a Barcellona dove quello che sembra essere l’autore materiale dell’attentato, il diciassettenne marocchino Moussa Oukabir, due anni fa su Internet scriveva: “Uccidere gli infedeli e lasciare solo i musulmani”. A quanto pare in Spagna non se ne sono accorti o hanno sottovalutato.

L’attenzione al Nord Africa

I collegamenti di alcuni degli arrestati con Ceuta e Melilla, le enclave spagnole in Marocco, e l’origine marocchina di altri fa prestare maggiore attenzione ad altri elementi: nei giorni scorsi numerosi incidenti si sono verificati a Ceuta dove alcune centinaia di migranti hanno cercato di entrare, respinti dalle polizie spagnola e marocchina. Sempre a Ceuta la polizia ha sgominato una banda di trafficanti di esseri umani che trasferivano persone in Spagna con moto d’acqua. Nessuna prova che terroristi abbiano provato a infiltrarsi in questo modo, ma l’attenzione verso quella parte del Nord Africa fa il paio con quella che da tempo si concentra sul confine meridionale della Libia, da dove è possibile che cerchino di passare combattenti fuggiti da Mosul e Raqqa. Dunque, mentre si fa prevenzione in Italia e in Europa, bisogna allo stesso tempo insistere con politiche efficaci verso quelle terre.



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