(Pubblichiamo un estratto del commento di Alessandro Campi uscito ieri sul quotidiano Il Messaggero, quindi prima della retromarcia del Pd sullo Ius soli, e consultabile nella versione integrale anche a questo link)
La ripresa dei lavori parlamentari – dopo la lunga pausa estiva – ci consegna un interrogativo delicato: in quale Paese vivono i rappresentanti politici della sinistra italiana? Alla fine naturale della legislatura mancano sei mesi: ma i giorni effettivi di lavoro per deputati e senatori sono poco più di sessanta. Da impiegare come? Di sicuro nelle prossime settimane bisognerà varare un’impegnativa legge di bilancio. Pare invece che le grandi priorità degli italiani siano, secondo la maggioranza che sostiene il governo, una legge per reprimere l’apologia di fascismo realizzata attraverso la Rete, una legge per estendere la cittadinanza secondo il principio dello ius soli e una legge per abolire i vitalizi dei parlamentari.
La prima è inutilmente ideologica, la seconda intempestiva e poco meditata, la terza demagogica e potenzialmente incostituzionale. Tutte e tre, più che a una necessità reale dei cittadini, sembrano dunque rispondere ad una comprensibile convenienza politico-elettorale del Pd. Le elezioni si avvicinano, c’è bisogno di compattare i ranghi e pazienza se si alimentano polemiche di cui si farebbe volentieri a meno o se si appesantisce il calendario parlamentare.
Il provvedimento che punta a mettere al bando la propaganda nostalgica dei totalitarismi è di quelli a costo zero e ad alto tasso simbolico. Ha un intendimento pedagogico all’apparenza nobile che si basa però su una cattiva ispirazione ideale, su un’errata valutazione politica e su una concezione ipertrofica del diritto. Dal punto di vista del pluralismo liberale, per cominciare, le cattive opinioni di una minoranza non si combattono reprimendole, il che rischia di avvolgerle in un’aura di martirio e di favorirne la diffusione clandestina, ma mostrandone l’inconsistenza e la bassezza. In ogni caso, non si può impedire a nessuno di coltivare pensieri fanatici e basati sul pregiudizio. La grandezza della democrazia liberale – che persegue le azioni sbagliate secondo la legge non le idee abominevoli secondo il nostro metro morale – consiste nel lasciare libertà di parola anche a chi la odia. L’errore politico è invece quello di pensare che alla base del populismo odierno ci siano i rigurgiti ideologici del fascismo: in realtà è il cattivo funzionamento dei regimi democratici, è la discrasia tra promesse e realizzazioni, ciò che togliendo loro legittimità favorisce il risentimento antipolitico dei cittadini. C’è infine da considerare che in Italia esistono già norme che reprimono l’apologia di fascismo e l’istigazione alla xenofobia. Un eccesso di leggi sulla stessa materia non aumenta la certezza del diritto, rischia invece di favorirne la cattiva applicazione.
Quello sullo ius soli, sebbene presentato enfaticamente come una conquista di civiltà, è invece un provvedimento nato nel momento sbagliato, vale a dire nel pieno dell’emergenza degli sbarchi sulle coste italiane (al momento parzialmente rientrata anche se bisogna capire cosa farà realmente l’Europa per gestire e controllare i flussi migratori dall’Africa). Ma il suo vero difetto è di non essere stato accompagnato da alcuna seria discussione su cosa significhi essere italiani (sul piano storico-culturale) e su cosa sia l’appartenenza ad una comunità nazionale. La cittadinanza è solo un titolo formale che nasce dall’osservanza di alcune regole basilari? E’ un diritto che mette capo a quali doveri? Quale percorso formativo occorre espletare per conseguire un’effettiva integrazione? Domande politicamente dirimenti alle quali si è preferita una propaganda tutta incentrata sul sentimentalismo e su una facile retorica umanitaria.
La proposta di abolizione dei vitalizi parlamentari è invece una evidente concessione allo spirito del tempo. La sua incostituzionalità riguarda il ricalcolo con il metodo contributivo delle pensioni già assegnate col metodo retributivo agli ex senatori e deputati: un meccanismo retroattivo che stride col buon senso prima che con la logica giuridica. Ma il punto politicamente controverso di questa proposta di legge è un altro. La polemica sui costi della politica e contro la casta è il cavallo di battaglia del M5S. Il Pd pensa evidentemente di catturare consensi muovendosi sullo stesso terreno. E’ lo stesso ragionamento che portò la sinistra a modificare in senso federalista il titolo V della Costituzione con l’idea di assecondare e al tempo stesso di neutralizzare la Lega bossiana. Un calcolo elettoralmente non pagante. La riforma costituzionale fu votata dal centrosinistra nel marzo 2001 con una maggioranza risicata e mentre la legislatura stava per chiudersi. A maggio il centrodestra stravinse le elezioni. Qualcuno ha calcolato il rischio che possa andare così anche questa volta?
(Estratto di un articolo pubblicato ieri dal quotidiano il Messaggero, quindi prima della retromarcia del Pd sullo Ius soli, e consultabile nella versione integrale anche a questo link)