Oggi il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha presentato al Parlamento Europeo a Strasburgo la sua visione sullo Stato dell’Unione. Un discorso che va al di là della retorica delle istituzioni, mettendo a nudo gran parte dei nodi ancora irrisolti di questa unione, fino ad oggi inefficace nell’affrontare in modo unitario le grandi sfide interne ed esterne.
Richiami importanti. Alla trasparenza, con una tirata d’orecchi al Consiglio Europeo ed ai media, dichiarando che da ora in poi la Commissione pubblicherà tutte le proposte di mandato negoziale inviate al Consiglio in tema di accordi commerciali, in modo che siano note direttamente ai cittadini, senza la mediazione degli organi di stampa nazionali. Alla democrazia, con l’invito ad un maggiore e sempre più stretto rapporto col Parlamento europeo e con tutte le articolazioni nazionali e regionali di rappresentanza collettiva.
Impegni a favore di una maggiore efficienza, sicurezza; ad un rinnovato e sempre maggiore sforzo per la riduzione delle emissioni nocive, attraverso una politica industriale che incentivi investimenti in tecnologie, processi e prodotti “puliti”, in linea con quanto deciso a Parigi due anni fa. Impegni concreti anche a favore della protezione dei cittadini europei da attacchi cibernetico/digitali che, come ha ricordato Juncker, oggi possono rivelarsi più pericolosi per la democrazia “di fucili e carri armati”.
Così come la necessità di accrescere il bilancio della UE e di porlo sotto la responsabilità di un Ministro delle Finanze Europeo va nella giusta direzione di rafforzare la capacità dell’Unione di intervenire con misure anticicliche, di solidarietà e d’investimenti collettivi.
Estremamente interessante anche il fatto che Juncker abbia fatto proprie due proposte già avanzate dall’Italia, le liste transnazionali per le prossime elezioni del Parlamento Europeo e l’idea di unificare in un’unica figura il Presidente della Commissione e quello del Consiglio Europeo, mettendo la scelta nelle mani dei cittadini. Un buon modo per dar seguito alle richieste di maggiore rappresentatività e legittimità democratica (oltre che di efficacia) delle istituzioni europee.
Eppure è difficile stabilire se il discorso di Juncker sia stato in grado di fare davvero l’unica cosa decisiva che serve oggi in Europa: invertire le aspettative negative diffuse e ridare fiducia all’integrazione europea come un progetto storico, in grado di risolvere (non creare) problemi a mezzo miliardo di cittadini; come modello di democrazia sovranazionale senza precedenti nella storia, alternativo a quello in fondo fortemente statuale (per quanto costituzionalmente federale) degli Stati Uniti d’America.
Per invertire le aspettative distrutte da quasi dieci anni di crisi economica e non-politica europea servono credibilità, idee chiare ed azioni conseguenti ed urgenti.
In questo senso, la scommessa di puntare sull’allargamento della zona euro, ed al contempo ad un approfondimento istituzionale in tutta la UE 27 ci pare utopistico, e non vorremmo che nascondesse la volontà di indicare una rotta di cambiamento che sa essere avversa ad alcuni paesi, quindi rendendola di fatto impossibile.
Non sappiamo se sia una via percorribile, ma lo sapremo a breve, se e quando qualcuno prenderà davvero in mano le redini del cambiamento ponendo all’ordine del giorno del Consiglio le decisioni più scottanti.
Certo, per questo non è sufficiente la Commissione Europea. Alla vigilia delle elezioni tedesche, che potrebbero creare lo spazio (insieme alla Francia) per una o più iniziative di una innovativa avanguardia federale fra paesi dell’eurozona, si è effettivamente aperta una più concreta finestra di opportunità per un cambiamento radicale e profondo del funzionamento dell’Unione Europea, come ha evidenziato Juncker, anche se presumibilmente non a 27 come da lui auspicato.
Ci pare (anche se è tutto da verificare alla prova dei fatti) che la Commissione, rispetto al passato, sia pronta a fare la sua parte e Juncker, di questo gli va reso merito, ha indicato con chiarezza una strada che va ad aggiungersi alle strade indicate dai tre rapporti approvati in febbraio dal Parlamento Europeo. Ma che attende ancora il Consiglio. E solo a quel punto sapremo se le indicazioni fornite saranno davvero credibili e presupposto per un cambiamento radicale delle aspettative in Europa.