“Né con un centrodestra come quello che abbiamo visto all’opera, né con un centrosinistra come quello che, osservandolo oggi, possiamo immaginare all’opera, l’Italia può fare passi decisivi verso regole forti e fatte rispettare su concorrenza, trasparenza, eliminazione di protezioni e collusioni”. La frase è di Mario Monti, e sembra pronunciata in questa campagna elettorale. Ma risale al 21 agosto del 2005, quando in un’intervista a “La Stampa” l’allora professore rilanciò il dibattito sul “centrismo” che occupò per settimane il dibattito politico.
Le condizioni per intese post-elettorali
Una valutazione, quella sui due poli, che dura a distanza di 8 anni, ma che stavolta vede l’ex commisario europeo impegnato non solo sulle pagine dei giornali, ma in prima fila nella campagna elettorale, nel ruolo inedito di candidato alla Presidenza del Consiglio. E con la convinzione di riuscire nell’obiettivo: “Romperò questo bipolarismo in cui ciascuno punta alla distruzione dell’altro e non al bene del Paese”, ha ribadito più volte Monti. Perché dallo staff del Professore assicurano che la durezza con cui si rivolge a Nichi Vendola e i continui attacchi a Silvio Berlusconi non sono solo una tattica elettorale: “Le nostre condizioni per eventuali intese dopo il voto resteranno queste: rottura con Sel da un lato, archiviazione del Cavaliere e dell’alleanza con la Lega dall’altro”.
Le valutazioni di Scelta Civica
Condizioni dure, riconoscono da Scelta Civica, ma che alla fine si imporranno: “Nel centrodestra assisteremo nel giro di pochissimo tempo alla disintegrazione del Pdl. Una volta eletti, in tantissimi abbandoneranno un leader al tramonto come Berlusconi. Gli Scilipoti faranno il percorso inverso…”. A sinistra, invece, la certezza si basa un’altra valutazione: “Il Pd non riuscirà ad avere la maggioranza insieme a Sel, avrà bisogno di altri interlocutori. E noi siamo gli unici con cui potrà dialogare”. Da qui lo schema che Monti accredita per il dopo voto: il Pd che dovrà abbandonare Sel, anche a costo di perdere qualche altro pezzo (“Meglio ancora se si liberano anche dei Fassina”, dicono da Scelta Civica) e il Pdl che non esisterà più. Con la lista montiana a dare le carte al centro, “rafforzata numericamente dai transfughi pidiellini”, e che si prepara a diventare un partito vero e proprio, magari il nucleo del centrodestra deberlusconizzato del futuro.
La rinuncia alla corsa al Quirinale
Se andrà davvero così, ovviamente lo decideranno i risultati delle elezioni, e soprattutto il quadro che si delineerà al Senato. Per riuscire nel suo obiettivo, Monti dice di essersi “prestato a essere insultato, come sono” in questa campagna elettorale, a non sentirmi più super partes come mi sentivo”, di aver rinunciato ad un’elezione al Quirinale che in molti davano per scontata prima della candidatura, e anche alla possibilità di essere richiamato come premier a gestire – sempre da posizione terza – una possibile grande coalizione post elettorale: “Ho preferito provare a cambiare la composizione del Parlamento portando energie riformiste”, che appunto dovranno collaborare con i “riformisti” degli altri due poli. Ancora pochi giorni, e si capirà se il Professore potrà vincere la sua battaglia decennale.