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Che cosa hanno detto McMaster, Kissinger, Jones e Hadley al Csis

In occasione del settantesimo anniversario dall’istituzione del National Security Council, il Csis di Washington DC ha riunito intorno allo stesso tavolo il generale H. R. McMaster, national security advisor del presidente Trump, e tre dei suoi più illustri predecessori: il generale James L. Jones (advisor del presidente Obama), Stephen Hadley (advisor del presidente George W. Bush) ed Henry Kissinger, in foto, (advisor dei presidenti Nixon e Ford).

Sotto la moderazione di John Hamre, ceo del Csis, sono stati affrontati alcuni degli aspetti più delicati relativi all’esercizio di un ruolo così importante per la sicurezza nazionale, dalle difficoltà di intermediazione tra presidenza e Congresso a quelle relative al bilanciamento tra dimensione strategica ed operativa nelle decisioni da riportare all’amministrazione.

Nel condividere impressioni e lezioni apprese nel corso dei rispettivi mandati, i quattro consiglieri per la sicurezza nazionale si sono confrontati su una serie di punti, evidenziando la centralità del loro ruolo per la stabilità e la tenuta dell’intera amministrazione.

McMaster ha voluto sottolineare in primis l’attenzione che il presidente Trump attribuisce al suo incarico e l’impegno costante nel coinvolgere attivamente tutte le agenzie ed i dipartimenti interessati dalle decisioni in materia di sicurezza nazionale. Il generale ha anche sottolineato l’importanza del Department of Homeland Security quale componente essenziale per il National Security Council.

Non vi sono stati giudizi espliciti, invece, sulle turbolenze vissute nei primi mesi della presidenza Trump ma solo riferimenti indiretti al suo predecessore, Michael Flynn, costretto a lasciare in anticipo il proprio incarico poiché colpito dall’accusa di aver mentito all’Fbi e di aver nascosto delle conversazioni telefoniche con l’ambasciatore russo a Washington. McMaster ha piuttosto elogiato il grande lavoro del suo staff, che ha vissuto momenti delicati ed è riuscito a gestire situazioni particolarmente difficili, come l’uscita dalla Casa Bianca di Steve Bannon – già chief strategist del president Trump – che ha lasciato il proprio incarico nello scorso agosto a seguito di divergenze con lo staff presidenziale e con lo stesso McMaster.

Non sono mancati commenti e osservazioni da parte dei tre autorevoli predecessori che hanno partecipato alla discussione. Dal generale Jones è arrivato un invito esplicito a porre sullo stesso piano gli esponenti di maggioranza e di minoranza nella condivisione delle linee strategiche da indirizzare al presidente e nell’intermediazione tra Congresso e Casa Bianca. Hadley, ventunesimo consigliere per la sicurezza nazionale, ha spiegato l’importanza che i think tank possono avere se correttamente orientati nel collaborare alle policy e linee strategiche da presentare all’amministrazione. McMaster ha convenuto su tale funzione di supporto e rimarcato la grande considerazione che nutre verso la comunità dei think tank di Washington, con la quale si interfaccia in maniera costante. Hadley ha anche puntato l’attenzione sugli aspetti più operativi, osservando che per svolgere un buon lavoro il consigliere “deve adoperarsi affinché le linee presidenziali siano adottate sin nei livelli governativi più bassi … per evitare uno scollamento, pur possibile, tra linee strategiche e indirizzi operativi”.

Grande attenzione ha, infine, riscosso l’intervento di Henry Kissinger, che ha servito come national security advisor sotto due presidenti. Da Kissinger sono arrivati spunti pratici e organizzativi, tutti maturati nel corso della sua permanenza alla Casa Bianca. Primo consiglio quello di evitare riunioni sovraffollate e necessariamente “on the record”. Secondo l’anziano consigliere, le riunioni più produttive sarebbero quelle in cui sono coinvolti solo ed esclusivamente i soggetti che abbiano effettiva cognizione della materia trattata ed il cui contributo possa essere rilevante ai fini decisionali. Allo stesso modo, il ricorso a meeting informali ed “off the record” sarebbe essenziale per consentire un confronto netto e coerente tra le parti interessate. Al contrario, con riferimento alla composizione del proprio staff, Kissinger ha affermato di aver avuto probabilmente il numero più alto di funzionari a supporto del proprio ufficio da quando è stato istituito il National Security Council. Nel corso del suo incarico ha potuto contare su una squadra composta da più di venti analisti e funzionari. Il valore aggiunto di tale scelta organizzativa sarebbe ben visibile, secondo lo stesso Kissinger, nei risultati ottenuti in anni difficili e situazioni particolarmente complicate: la sua capacità di sintesi e la sua visione strategica, supportate da una pluralità di punti di vista e differenti sensibilità, sarebbero stati uno dei punti di forza su cui si sono rette più presidenze e ancora oggi possono essere tenute in considerazione da parte dei vertici della Casa Bianca.


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