Grazie all’autorizzazione dell’editore, pubblichiamo l’articolo di Franco Adriano apparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
Solo un elettore su due, alle elezioni politiche del 2008 è rimasto fedele al Pd e al Pdl andando ad alimentare il non voto e il Movimento 5 Stelle. L’analisi dei flussi elettorali di Lorien consulting è impietoso nei confronti dei due partiti che hanno ritenuto di poter interpretare il bipolarismo in Italia. «L’oggettiva parità c’è stata», spiega il direttore di Lorien, Antonio Valente, «ma al forte ribasso per entrambi». Con una differenza di tipo emozionale. Mentre, infatti, per il Pdl il possibile abbandono era noto e atteso perfino in misura maggiore: «da ciò il grande sollievo» nonché l’evocato miracolo della resurrezione politica di Silvio Berlusconi, per il Pd, invece, è stato una vera e propria doccia fredda «frutto di una potente e repentina cannibalizzazione da parte del M5S nelle ultime settimane di campagna elettorale: da ciò la grande delusione e disillusione» di Pier Luigi Bersani.
Beppe Grillo ha soffiato il 6,7% dei votanti sia a Bersani che a Berlusconi fissando anche da un punto di vista matematico che il suo movimento non è figlio né della destra né della sinistra, ma ha portato via voti un po’ a tutti e due. Ma di certo 8.688.500 di voti sono il risultato di una forte capacità di attrazione «assolutamente proporzionale», spiega il dossier di Lorien, «dai due blocchi e dai due partiti principali, ma anche dalla capacità di rimobilitazione di una quota consistente (5%) dell’elettorato precedentemente astensionista. Un 2,6% di elettori di Grillo, poi, è costituito da ex sostenitori di Antonio Di Pietro, l’1,6% viene dalla Lega Nord di Roberto Maroni da parte di chi ha sofferto il nuovo patto con Berlusconi.
Oltre a una base di elettori fedeli molto ridotta rispetto al 2008 (Pdl 48% e Pd 50%), i due partiti surclassati da M5S hanno potuto contare su una quota molto ridotta di voti in ingresso (il Pdl 800mila e il Pd 1.400.000). Una circostanza che ha portato ad un saldo decisamente negativo per entrambi. Rispetto alle elezioni politiche del 2008, il Pd ha perso 3.500.000 voti, il Pdl 6.300.000 voti. Nel 2008 Pd e Pdl sommavano oltre 26 milioni di voti, oggi ne aggregano poco più della metà (14 milioni). E il raffronto compiuto a livello delle rispettive coalizioni è ancora più devastante. Il centro-destra e il centro-sinistra nel 2008 raccoglievano 32 milioni di voti, oggi ne mettono insieme un terzo in meno (20 milioni). Insomma, fuori dallo schema bipolare c’è più di un terzo dell’elettorato (il 36%) orientato alle nuove proposte: il M5S e, più in piccoo, la Lista civica di Mario Monti.
A proposito, la dinamica dei voti della Lista civica di Monti è diversa. Infatti, dei circa 2.830.000 elettori conquistati circa un terzo proviene da destra (il 2,4% dei voti in uscita del Pdl), un terzo è costuituito dalla «donazione di sangue» degli alleati (Fli è prosciugato, mentre l’Udc dona a Monti la metà dei suoi precedenti elettori: un milione). Quasi nulla viene dal Pd.
La Lega, infine, sembra aver sofferto il forte disagio di una consistente parte del suo elettorato per la rinnovata alleanza di Maroni con Berlusconi. Sono evidenti i flussi in uscita verso il M5S, già citato, e verso l’astensione (2,2%). Rispetto al 2008 Maroni ha perso 1.634.000 voti.