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Io, montiano, vi svelo il fallimento di Monti. E ora Grillo for premier

La politica è l’arte del possibile. Questa massima vera ma banale esprime, spesso in modo persino naif, la semplice constatazione che niente è realmente prevedibile e tutto è realmente fattibile in politica. In modo più raffinato si dovrebbe parlare di contingenza, ossia di una combinazione degli scenari che non segue mai un cammino necessario. Contingenza non è obbligatoriamente instabilità, anche se adesso i due termini sono diventati inseparabili.

Nella situazione emersa dalle elezioni della scorsa settimana, tuttavia, vi è qualcosa di superiore a tutto questo: hanno fatto irruzione la fantasia e lo spariglio del mazzo. Forse anche la follia. Questo spaio pungente ha il nome di Beppe Grillo e del Movimento Cinque Stelle. Certo, l’uno e l’altro esistevano già come cosa unica da tre anni, non sono cioè inediti in senso stretto, ma l’elevazione del grillismo con oltre il 25 per cento dei suffragi a un terzo polo politico è certamente il volta pagina di questa nascente legislatura.

Ovviamente, una prima nota è d’obbligo. Il passaggio dal bipolarismo tradizionale a quello che Antonio Polito ha chiamato con la consueta acutezza tripolarismo era stato annunciato da Monti e dalla cerebrale costruzione del centro, poi invalidato dagli elettori e confinato all’innocuo 10 per cento. L’aggressività di alcuni suoi rappresentanti oltre a confermare il fallimento dell’idea, dimostra anche che manca omogeneità culturale ai montiani. Purtroppo è scarseggiata cultura politica nella genealogia del progetto, e, il che è peggio, si è badato bene a non farne uso laddove c’era. Al posto di una vittoria annunciata, ecco, invece, il comico che irrompe e mette sul proscenio l’anti tutto, anche se mai l’anti volgarità. In questo il continuismo tra Grillo e Berlusconi è perfetto.

Veniamo al concreto. Il modo più semplice di spiegare l’inghippo della gestione è prendere spunto dal poker. Sì, intendo proprio dal passatempo d’azzardo per eccellenza dei cercatori d’oro del Texas. Come si sa, nessuno ha la certezza di vincere in quel gioco perché ogni scala reale, punto massimo, vince su un’altra ma non vince su tutte.

Le tre ipotesi

Così avviene anche qui, davanti alle tre ipotesi che si stanno presentando per governare il Paese.

La prima prevede un’alleanza del PD con il M5S. La seconda un’alleanza PD-PDL. E una terza una coalizione di tutte e tre le forze. Ognuna di queste rende irrilevante Monti. E ognuna delle tre soluzioni non è stabile, avendo pregi per gli uni e difetti per altri.

L’alleanza Pd-M5s

La prima ipotesi piace a Bersani. Permetterebbe di fagocitare in chiave riformista un partito e una segreteria, liberandone le potenzialità da un conservatorismo bestiale che li uccide. Per Grillo, però, appare, a suo dire giustamente, un abbraccio col morto.

L’intesa Pd-Pdl

La seconda ipotesi piace a Berlusconi, ma non al PD. La ragione è che il Cav. non ha da temere nulla del populismo mediatico dei Grillini, essendo lui stesso un campione del metodo e sapendo che quel tipo di consenso può essere consegnato facilmente col tempo dalla protesta anti sistema dell’opposizione grillina.

Ovviamente non piace al PD, perché rivelerebbe nel tempo le pecche di un partito fossilizzato, rafforzando magari perfino l’opposizione congelata di Renzi, comunque facendo vincere il binomio irrazionale e concorrenziale PDL-M5S. La terza soluzione non piace a nessuno. Potrebbe affiorare solo in seconda battuta, se falliscono le altre e comunque non prima di avere i presidenti dei due rami del Parlamento eletti e anche un accordo di massima sul Quirinale.

Il ruolo di Napolitano

La mia valutazione è la seguente. Napolitano ha il joystick; è un giocatore navigato e, come si è visto in Germania, democratico e intelligente. La prima cosa che dovrebbe fare è affidare l’incarico a Bersani. Anche perché è consuetudine che così avvenga. Ma la cosa importante per tutti è costringere Grillo ad entrare nel sistema repubblicano. E il fine può essere realizzato facilmente dandogli una presidenza della Camera, opzione che PD e PDL possono indirizzare su un grillino anche senza il consenso diretto del movimento e senza impegnarsi politicamente con l’interessato.

La maggioranza con i grillini

La seconda cosa, più importante di tutte, sarà costruire una maggioranza che includa categoricamente i Grillini. Napolitano deve evitare l’ipotesi opposizione anti sistema nel sistema, vera meta di Grillo, garantendo che l’antisistema sia portato nello Stato a lavorare con lo Stato e per lo Stato.

L’incarico a Beppe Grillo

Il modo più semplice è conferire l’incarico di formare il nuovo Governo proprio a Beppe Grillo. Così, ecco l’arte del possibile, la forza di Grillo diverrebbe improvvisamente la sua sciagura. Pochi mesi e sarebbe sconfitto dalla serietà del fare. A prendere i voti attualmente non sono bravi tutti: solo i comici e i pianisti. Ma a governare bene non bastano mai neanche i politici: ci vogliono gli statisti. Se Grillo è uno statista, allora faccia lui un governo che abbatte la casta e attua le riforme. Se non lo è, continui a fare il giullare, solo o in compagnia, e si tolga di mezzo.

La democrazia è morta da un pezzo

Qui si apre l’ultima considerazione. La democrazia, come la intendo io, è morta da un pezzo e non per colpa di Grillo. All’opposto. Non è rinata principalmente per colpa di Monti e della Scelta Civica. Dispiace dirlo, ma è così. Non si riqualifica la democrazia rappresentativa, puntando alla governabilità, e proponendo poi una logica organizzativa che è stata la peggiore norma baronale e di cabotaggio partitocratico che si sia mai visto nella storia contemporanea di un partito in gestazione. Il fine dei maggiorenti della Scelta Civica è unicamente l’ambizione personale e gli interessi individuali. Tutti ne parlavano in campagna elettorale. Perciò hanno preso la sbarra sui denti. Non era necessario che si aggiungessero dei nuovi a chi c’è già, se i nuovi sono come e peggio dei vecchi.

Come si sono comportati i maggiorenti del montismo

I cosiddetti maggiorenti del montismo, diversi e uguali tra loro, hanno preso un atteggiamento da casta prima ancora di esserne diventati parte. La scelta delle liste è stata fatta seguendo l’opzione peggiore, vale a dire l’arbitrio del potere personale. Vale a dire, il meglio della tradizione feudale, unita all’arroganza individuale tipica degli outsider. Inoltre, e lo dico con malincuore, senza minimamente condividere collegialmente le valutazioni, determinando così la partecipazione dei candidati. E’ stata cancellata l’iniziativa non dico della gente ma dei candidati e dei territori. I curriculum sono stati guardati solo per pulirsi la bocca dopo aver mangiato il proprio pasto. L’ultimo pasto, come si è visto, perché gli elettori non perdonano cose del genere.

Un fallimento previsto e costruito in anticipo, insomma, basato anche su una certa ingenuità e incapacità comunicativa e strategica dei protagonisti.

Cerchiamo una vera alternativa democratica

Lasciamo, dunque, che Grillo s’istituzionalizzi e che il progetto montiano prosegua nella sua direzione, se ci riuscirà, ma costruiamo, nel frattempo, una vera alternativa democratica. Sapete che significa democratica per me? È semplice. Si tratta di una precisa idea di politica che ha al centro la persona e le comunità naturali (famiglia in primis), non l’individuo e la società presi in astratto. Un progetto che pensa che l’Italia sia un Paese di persone perbene che ha smarrito la strada, avendo perduto l’anima cristiana semplice e genuina che ispira il nostro modo d’essere di nazione unica nel mondo. Soprattutto è l’idea che il futuro stia nel recuperare un equilibrio e una ragionevolezza comunitaria, un ethos, senza spettacolini e senza scimmiottare le mode, una credibilità d’appartenenza che nella politica solo la partecipazione organizzata delle classi medie riesce a trasmettere stabilmente, avendo il coraggio di proporre un ragionamento lucido, forte e ponderato sulle cose da fare.

Dove sono i credenti?

In tutto questo i credenti dove sono? Qual è il loro ruolo partecipativo? Vogliamo parlarne finalmente o no? Diciamo esattamente cosa vogliamo essere, come vogliamo vivere, che esempio vogliamo che i nostri figli inseguano, di che Stato e di che Europa vogliamo diventare cittadini, che tipo umano vogliamo rappresentare e offrire al mondo attraverso l’inventiva e la genialità della nostra identità popolare. Il resto è show non politica. Una tragedia indegna e, talvolta perfino, violenta che mantiene i problemi e accresce la serietà delle tante mafie sommerse, senza garantire assolutamente nulla di buono, neanche una bella risata.



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