Tempi duri per i teorici dell’antibergoglismo, cioè per coloro che cercano di presentare il pontificato di Jorge Mario Bergoglio come “eretico”. Per loro era ed è fondamentale parlare di un’inconciliabilità tra Bergoglio, la sua visione della Chiesa, le sue idee, e la “vera fede”. Per farlo era importantissimo trovare dei punti da presentare come “tradimenti”. Per esempio Bergoglio, e i due terzi del sinodo dei vescovi con lui, avrebbero tradito con Amoris Laetitia niente di meno che il celebre “l’uomo non divida ciò che Dio ha unito”. Il vero cattolicesimo non prevede né attenuanti né distinzioni, sostengono. E la posizione della Congregazione della Dottrina della Fede era fondamentale a tal fine. Poi sono arrivate le parole, scritte nella prefazione ad un libro del professor Rocco Buttiglione, dell’ex prefetto della Congregazione, cardinale Müller, e il castello di carte degli avversari giurati del papa argentino si è incrinato: “Nella valutazione della colpa, però, possono esservi delle attenuanti e le circostanze ed elementi accessori di una convivenza irregolare simile al matrimonio possono essere presentati anche davanti a Dio nel loro valore etico nella valutazione complessiva del giudizio (per esempio la cura per i figli avuti in comune che è un dovere che deriva dal diritto naturale)”.
Un altro cavallo di battaglia degli oppositori a priori di Papa Francesco è sempre stata la Cina, dove la sua linea di apertura al dialogo, all’incontro con Pechino, è sempre stata presentata come un cedimento, in contraddizione con quanto scritto, detto e fatto da papa Benedetto XVI. Ora anche questa rappresentazione, a dir poco, barcolla, per effetto dell’autorevole penna del presidente della Fondazione Ratzinger, padre Federico Lombardi. L’autorevolissimo gesuita ha scritto infatti un articolo che sarà pubblicato domani da La Civiltà Cattolica nel quale sottolinea l’assoluta coerenza e continuità tra il magistero di papa Benedetto XVI e Papa Francesco.
E nelle pagine di ricostruzione storica scrive: “A questa situazione, impropriamente descritta come coesistenza di una ‘Chiesa clandestina’ e di una ‘Chiesa patriottica’ in tensione fra loro, intende porre con chiarezza e decisione la Lettera di Benedetto XVI, che afferma senz’ombra di dubbio che la Chiesa cattolica in Cina è una sola, e in essa il ruolo dei vescovi è fondamentale; revoca le ‘facoltà e direttive speciali’, così da far rientrare la Chiesa in Cina nell’ambito delle leggi canoniche generali; dà indicazioni e orientamenti pastorali per i rapporti fra i vescovi e le loro concelebrazioni eucaristiche o per la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni eucaristiche (…), e propone come evidente e indiscutibile – coerentemente con l’ecclesiologia cattolica – l’obiettivo di arrivare a costituire una Conferenza episcopale unita, a cui appartengano tutti i vescovi legittimi, riconosciuti dalla Santa Sede (nn. 7-8). Inoltre, la Lettera di Benedetto auspica esplicitamente la ripresa di un dialogo della Santa Sede con le autorità cinesi, riconoscendo che nella vita della Chiesa non dev’essere considerato normale il fatto di trovarsi in situazione di ‘clandestinità’ (n. 8). Il dialogo deve mirare anzitutto a risolvere le questioni aperte circa la nomina dei vescovi (è necessario che si riconosca che il mandato dell’ordinazione deve venire dal Papa); può inoltre mirare a facilitare il pieno esercizio della fede dei cattolici nel rispetto di un’autentica libertà religiosa e, infine, la normalizzazione dei rapporti fra la Santa Sede e il governo di Pechino. Il dialogo auspicato, dopo alcuni anni di freddezza, è stato ripreso sistematicamente nel corso del pontificato di Francesco, grazie al nuovo clima che si è creato. Non possiamo che rallegrarcene e sperare che esso possa produrre frutti positivi, passi avanti di comprensione reciproca per il bene di tutti. Del resto, per chi guarda indietro, alla situazione che si era creata oltre 60 anni fa con la rottura dei rapporti, la realtà di oggi appare del tutto diversa, e si può dire con certezza che i progressi sono stati veramente grandi: ciò che oggi si può fare nella vita ecclesiale e pastorale in Cina era impensabile alcuni decenni fa”.
Nell’attesa che il mondo venga in Vaticano per testimoniare nei fatti che l’attuale successore di Pietro è diventato anche il supplente di chi stenta a governare il mondo anche sul nucleare, e lo è diventato perché la sua autorità religiosa è diventata autorità morale che parla a tutti i credenti e ai non credenti, i nemici a priori di Papa Francesco però potrebbero cominciare a porsi qualche domanda.