Il Credito Valtellinese sceglie una terapia d’urto per ripulire l’attivo e mettere in sicurezza il patrimonio. Come anticipato da MF-Milano Finanza, il gruppo presieduto da Miro Fiordi, (nella foto), e guidato dal direttore generale Mauro Selvetti ha approvato una manovra finanziaria in due tappe: cessione di crediti deteriorati per 1,6 miliardi e aumento di capitale da 700 milioni. Un’operazione abbastanza simile per importi e tempistiche a quella messa in atto a Genova da Banca Carige e tutt’ora in fase di svolgimento. Il piano, battezzato Restart Under New-Normality, è stato approvato ieri dal consiglio di amministrazione insieme ai risultati dei nove mesi e alla convocazione dell’assemblea straordinaria.
IL DOSSIER CREDITI
Già negli anni scorsi il Creval ha messo in atto operazioni per ridurre l’ammontare dei crediti deteriorati, ma ora il board ha scelto di chiudere definitivamente la questione. Nei primi mesi del 2018 il gruppo metterà sul mercato uno stock da 1,6 miliardi lordi che sarà deconsolidato attraverso una cartolarizzazione con garanzia pubblica (Gacs). L’operazione consentirà al gruppo di ottenere un prezzo superiore a quello di una cessione tout court, grazie all’effetto leva della tranche senior con rating investment grade. L’effetto patrimoniale dell’operazione sarà tamponato con l’aumento di capitale su cui i soci si esprimeranno nell’assemblea del 19 dicembre.
LA TEMPISTICA
L’offerta in opzione (per cui c’è già la pre-garanzia di Mediobanca ) dovrebbe chiudersi entro il primo trimestre, anche se sull’operazione pende qualche incognita. Sommato all’attuale capitalizzazione (scesa ieri del 13,33% a 324 milioni) l’importo proietta un multiplo prezzo/patrimonio netto di 0,75 contro lo 0,4-0,5 dei peer. La banca rischia insomma di risultare cara: ecco perché l’intera operazione sarà un’ardita scommessa sul rilancio industriale. Non a caso l’aumento è stato presentato insieme a un piano industriale che fa leva soprattutto sul taglio degli oneri per sostenere la redditività: Creval intende ridurre i costi operativi per 63 milioni entro il 2019, con la chiusura di 88 filiali e 400 nuovi esuberi da gestire attraverso il fondo di solidarietà della categoria.
GLI OBIETTIVI
Con queste iniziative il gruppo vuole portare il cost/income al 57,5% con un utile atteso di 150 milioni al 2020. “Il nuovo piano”, ha spiegato il dg Selvetti, “presuppone un significativo rafforzamento patrimoniale del gruppo che consenta la realizzazione di ulteriori, incisive azioni di de-risking e il recupero di efficienza operativa, con l’obiettivo di superare definitivamente le legacy del passato e precostituire le condizioni per un significativo miglioramento della sostenibilità del business model del gruppo nel medio periodo”.
I DETTAGLI
Al momento l’aumento di capitale è rivolto unicamente agli azionisti e non prevede il ricorso ad azioni di liability management come fatto invece da Carige. “Vogliamo fare un’operazione chiara e trasparente che si appelli alla fiducia dei nostri azionisti”, ha spiegato a MF-Milano Finanza il presidente Fiordi.
I CONTI
Nel frattempo Creval ha chiuso i nove mesi con una perdita netta di 403 milioni, dovuta principalmente a rettifiche di valore su crediti e altre attività finanziarie per 386 milioni. Alla chiusura del periodo i crediti deteriorati si attestavano a 2,2 miliardi rispetto ai 3,2 miliardi di fine 2016 con un coverage ratio pari al 45,8% (47,7%, inclusi i write off) rispetto a 41,5% a fine dicembre 2016.