Che cosa è successo davvero tra autorità di vigilanza e banche venete? Ovvero: i vertici della Banca d’Italia se e come hanno agito dopo i rilievi degli ispettori di Via Nazionale su Popolare di Vicenza e Veneto Banca? Sono queste due delle principali domande che stanno arrovellando o assillando istituzioni politiche e bancarie dopo le audizioni di ieri del direttore generale della Consob, Angelo Apponi, e del capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo. I due interrogativi, peraltro, riguardano un periodo in cui al vertice della Banca centrale c’era come governatore Mario Draghi, attuale presidente della Bce, e come direttore generale Fabrizio Saccomanni, prossimo presidente di Unicredit (qui la gallery di Umberto Pizzi sull’economista e banchiere). Sono alcune delle lettere al vaglio della commissione parlamentare sulle crisi bancarie che inducono a domande sul passato di Palazzo Koch. Ecco tutti i dettagli sulla base in particolare di due articoli usciti oggi sul Corriere della Sera e della Stampa. Ma Mario Draghi, tramite i propri collaboratori fa sapere che “fu fatto tutto ciò che andava fatto” riguardo alla questione del prezzo troppo elevato delle azioni della Popolare di Vicenza, rilevato nel 2009 dopo un’ispezione della vigilanza. Ecco tutti i dettagli della diatriba.
LA LETTERA
“C’è una lettera trasmessa nel 2009 dagli ispettori di Bankitalia all’allora governatore Mario Draghi che evidenzia alcune «criticità» rilevate durante l’ispezione della Popolare di Vicenza. Indicazioni sulla impossibilità di conversione dei titoli subordinati che Consob sostiene di non aver ricevuto”, è quanto scrive oggi Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera. In effetti, proprio su questo il dg della Consob, Apponi, come approfondito in questo articolo di Formiche.net, ha biasimato indirettamente i colleghi della Vigilanza sostenendo che «le mancate comunicazioni non hanno consentito di inserire nei prospetti informativi le giuste indicazioni». Parole che hanno contribuito a rinfocolare le fibrillazioni tra le due authority. Il capo della Vigilanza dell’Istituto centrale, Barbagallo, ha però ribadito che «i risultati relativi alle ispezioni nella Popolare di Vicenza non sono stati inviati alla Consob perché si riteneva che fossero problemi procedurali risolvibili da parte nostra». E in serata la stessa Banca governata ora dal riconfermato Ignazio Visco ha ricordato che «l’obbligo di comunicazione scatta soltanto in caso di aumento di capitale che invece fino al 2013 non c’è stato».
LE CRITICHE
Una delle contestazioni di Apponi, come sottolineato ieri da Formiche.net, ha riguardato il prezzo delle azioni di Popolare Vicenza. Nella loro relazione del 2009 gli ispettori spiegano al governatore che «il permanere di un gap positivo tra rendimento implicito dell’azione e redditività caratteristica di impresa postula un ripensamento dei criteri di calcolo del prezzo del titolo, con possibile conseguenza sul flusso, già marcato, di riacquisto di azioni proprie e prevedibile mancata conversione del subordinato esercitabile nel 2010». E dunque mettono in guardia sull’impossibilità che si convertano le obbligazioni subordinate, ma nonostante questo — ecco l’accusa di Consob presieduta da Giuseppe Vegas — «Bankitalia non ritenne di doverci avvisare». In pratica, rimarca La Stampa, gli ispettori avevano sottolineato che “il prezzo delle azioni troppo elevato rispetto alla redditività della banca. E come il suo allineamento a valori più congrui avrebbe causato problemi all’istituto, con evidenti ricadute sulle vendite di azioni da parte dei soci e di conseguenti rischi per la stabilità della banca”, scrive Gianluca Paolucci del quotidiano torinese: “La nota, firmata dagli stessi ispettori che avevano condotto le verifiche di controllo del 2009, sottolinea anche come nonostante i correttivi adottati su richiesta della Vigilanza permangano una serie di squilibri, in particolare ricalca in gran parte le considerazioni del rapporto riservato di quella ispezioni. Ma se ne discosta significativamente proprio in questo passaggio”.
L’APPROFONDIMENTO DELLA STAMPA
Agli allarmi lanciati dagli ispettori nel 2008/2009 seguirono alcuni provvedimenti di Bankitalia contro la Vicenza, che venne multata per oltre 500 mila euro (poco più di 25 mila euro per ogni componente del cda e del collegio sindacale) e alla quale venne proibito di effettuare altre acquisizioni. “Ma nulla venne fatto – scrive La Stampa – sul prezzo delle azioni, che continuò a crescere anno dopo anno fino al picco di 62,5 euro toccato nel 2011. Se non la previsione di una perizia assegnata ad un soggetto indipendente che però ha sempre confermato il prezzo deciso dal cda. Le due ispezioni condotte a partire dall’autunno del 2007 sulla Popolare assumono un ruolo chiave nel ricostruire la vicenda che ha portato al collasso dell’istituto e al suo salvataggio a carico dello Stato nell’estate scorsa”.
LE ISPEZIONI
La prima ispezione, di carattere generale, si svolse dal 23 ottobre 2007 al 12 marzo del 2008 e si concluse con un giudizio «parzialmente sfavorevole». Nella relazione finale, gli ispettori sottolineavano una lunga serie di problematiche emerse, dal ruolo predominante di Gianni Zonin ai prestiti concessi in conflitto d’interesse ad alcuni consiglieri (tra i quali lo stesso Zonin, le cui aziende erano allora affidate per circa 22 milioni di euro), fino alla concessione del credito effettuata su base «relazionale» più che sulla base di criteri oggettivi di merito creditizio. Emblematico il caso dei 96,5 milioni concessi nel 2004 «dal presidente», ovvero Zonin, alla Magiste di Stefano Ricucci senza attendere la delibera degli organi della banca, si legge nell’articolo della Stampa.
Il NODO
Continua La Stampa: “In quella ispezione emersero anche problemi sui crediti – con la necessità di una serie di svalutazioni – e sulla liquidità della banca, che in una situazione «di stress» avrebbe avuto secondo gli ispettori una cassa per soli 5 giorni. Di questa ispezione venne comunicata a Consob solo la parte relativa alla vendita da parte della banca ai propri clienti di derivati speculativi, estremamente rischiosi. Il divieto di fare acquisizioni venne tolto nel 2011, con una lettera firmata da Fabrizio Saccomanni.
La successiva ispezione (dal 16 aprile al 7 agosto 2009), definita di «follow up», doveva valutare i progressi compiuti dalla banca per correggere i problemi emersi nella ispezione precedente. Malgrado il giudizio finale («parzialmente favorevole», secondo gradino in una scala di sei), gli ispettori sottolineavano che il ruolo di Zonin restava ancora predominante malgrado il ritorno in banca di Divo Gronchi come ad. E restava irrisolto il nodo del prezzo dell’azione, con un «disallineamento fra rendimento del titolo e redditività d’impresa» che incentivava l’ingresso di nuovi soci e di fatto «la preservazione degli assetti di governance». Ovvero, la poltrona di Zonin”.
I RILIEVI DEL CORSERA
Restano però da capire alcuni punti tuttora oscuri nell’operato degli ispettori perché – sottolinea il Corriere della Sera – come si comprende dalla lettura dell’appunto trasmesso, al governatore fu comunicato che «il collegio sindacale, inalterato nella composizione rispetto ai precedenti accertamenti, recentemente ha mostrato segni di differenziazione rispetto alle scelte aziendali», ma non fu segnalato che «questi segni di differenziazione rispetto alle scelte aziendali si sono concretizzate nei rilievi formalmente mossi sul prezzo delle azioni».
DOSSIER VENETO BANCA
Anche sull’altra Popolare, la Veneto Banca di Montebelluna in passato guidata da Vincenzo Consoli, la disputa tra i due organismi prosegue. Gli atti acquisiti dimostrano infatti – scrive il Corsera – che «nella nota di novembre 2013 Bankitalia indicò un prezzo delle azioni costantemente crescente e incoerente con il contesto economico e con le performance reddituali dell’ultimo bilancio e quindi il livello del prezzo poteva risultare di ostacolo al compimento di operazioni societarie». Ma questo appare in contrasto con il verbale ispettivo dell’agosto 2013, che la Consob ha acquisito nel 2015, secondo cui «la modalità di determinazione del prezzo era effettuata in violazione del principio di prudenza e delle procedure stabilite dalla stessa banca».
LA POSIZIONE DI DRAGHI
Mario Draghi, racconta La Stampa dell’11 novembre, tramite i propri collaboratori fa sapere che “fu fatto tutto ciò che andava fatto” riguardo alla questione del prezzo troppo elevato delle azioni della Popolare di Vicenza, rilevato nel 2009 dopo un’ispezione della vigilanza.