“In Italia sei lavoratori su dieci devono affrontare regolarmente il dolore muscolo-scheletrico. Negli ultimi 12 mesi, i lavoratori italiani hanno preso in media 3,3 giorni di malattia a causa del dolore muscolo-scheletrico, con un impatto economico stimato pari a 7,9 miliardi di euro”. Questo è quanto riportato dal Global Pain Index 2017, che fa luce sui costi non solo umani, ma anche economici, di un errato approccio al dolore muscolo-scheletrico.
Ne abbiamo parlato con Claudio Jommi (nella foto), presidente dell’Associazione italiana di economia sanitaria, professore di Economia aziendale presso il dipartimento di Scienze del farmaco e presso l’Università del Piemonte orientale, nonché responsabile scientifico dell’Osservatorio farmaci del Cergas Sda Bocconi.
Il dolore muscolo-scheletrico, secondo i dati del Global Pain Index 2017, ha un impatto economico annuo pari a circa 7,9 miliardi di euro. Come valuta questo dato?
Ritengo che questo dato sia leggibile su due fronti. Il primo è quello della sua dimensione assoluta di impatto economico, legato alla diffusione del dolore muscolo-scheletrico in Italia. Se considerato per singolo individuo, un totale di 3,3 giornate di lavoro perse a causa del dolore muscolo-scheletrico può sembrare un numero limitato, ma se consideriamo la portata del fenomeno ne emerge un impatto economico importante a livello nazionale, pari allo 0,5% del Pil del nostro Paese. Un secondo fronte di lettura è quello degli effetti sulla distribuzione e l’utilizzo delle risorse. I giorni di malattia causati dal dolore muscolo-scheletrico comportano un importante impegno degli enti previdenziali per la copertura di tali assenze. Questo ha inevitabili ricadute indirette su tutta la società, poichè una riduzione delle giornate di malattia legate al dolore muscolo-scheletrico determinerebbe costi minori per il sistema previdenziale e un minor contributo richiesto alla collettività per sostenere il sistema nel suo complesso.
Quali sono gli ulteriori elementi che andrebbero indagati per riuscire ad avere un quadro più completo della situazione?
Aver indagato la dimensione economica è sicuramente un primo passo importante per comprenderne la portata e le possibili implicazioni. Un ulteriore aspetto da indagare, almeno in termini di impatto economico, è il fenomeno che viene definito “presenteismo”, cioè il fatto che il dolore muscolo-scheletrico non produce solo giorni di malattia ma anche, spesso, causa giorni di presenza sul luogo di lavoro in condizioni non ottimali, con effetti negativi su concentrazione, efficienza ed efficacia nel proprio lavoro. Questo fenomeno determina, oltre a insoddisfazione e frustrazione personale, anche una riduzione della qualità del lavoro svolto, come la stessa indagine ha evidenziato.
Quali sono gli strumenti da adottare per ridurre l’impatto economico e sociale del dolore muscolo-scheletrico?
Credo che il Global Pain Index sia un primo passo nella giusta direzione. Dal punto di vista pratico, ritengo che, una volta messi a fuoco i costi del dolore muscolo-scheletrico, il passo successivo sia comprendere come questi costi possano essere limitati. Lo studio ci dice che molte persone non parlano del loro dolore e sopportano in silenzio, mentre sappiamo che intervenire tempestivamente, confrontandosi con gli esperti di riferimento, è importante nell’ottica di contrastare l’impatto negativo del dolore sulla qualità di vita.
Che ruolo possono avere prevenzione e corretta informazione in questo percorso?
Un’accurata informazione sulla prevenzione, insieme ai trattamenti appropriati, è un aspetto prioritario per contrastare il dolore muscolo-scheletrico. Si necessita dunque il coinvolgimento dei professionisti della salute, farmacisti e medici, affinchè supportino il paziente nelle proprie scelte e favoriscano un’appropriata gestione della propria salute. La ricerca mette in evidenza, infatti, anche una grande fiducia degli italiani nei confronti dei professionisti sanitari.
Il programma d’azione mondiale di GSK CH risponde alle priorità da lei segnalate? E come può essere applicato all’interno del contesto italiano?
Ritengo che a livello nazionale siano importanti due elementi. Innanzitutto bisognerebbe approfondire quali sono le principali cause del dolore muscolo-scheletrico nel nostro Paese, quali sono le peculiarità e le problematiche specifiche del contesto italiano. Ad esempio, secondo i dati della ricerca GPI, gli italiani sono tra i più consapevoli dell’impatto del dolore muscolo-scheletrico sulla qualità di vita. A cosa è dovuta questa consapevolezza? E perché non si traduce sempre in comportamenti appropriati? L’altro elemento – chiave è la promozione di una corretta informazione al paziente. Il supporto dei professionisti sanitari e la corretta valutazione, sulla base di evidenze, di benefici e rischi delle soluzioni terapeutiche, sono aspetti fondamentali.