Comandare l’Arma dei Carabinieri non significa solo occupare uno dei posti di maggiore responsabilità (e di potere) delle istituzioni, significa anche rappresentare un insieme di militari che è parte della storia e dell’immagine dell’Italia, una divisa che di per sé rassicura.
Negli ultimi anni, però, si sono moltiplicati i fatti di cronaca nei quali i Carabinieri erano dalla parte sbagliata, accusati di reati di vario tipo. L’esempio più eclatante è l’accusa di stupro a carico dei componenti di una pattuglia di Firenze da parte di due studentesse statunitensi all’inizio di settembre; si può proseguire, solo nel 2017, con l’inchiesta di Massa Carrara, nella quale otto carabinieri sono stati arrestati e complessivamente 37 indagati per violenze di vario tipo su stranieri nelle caserme di Aulla e di Licciana Nardi, e con i due militari arrestati nel Reatino per favori fatti al pentito siciliano che avrebbero dovuto scortare. Purtroppo si potrebbe continuare andando indietro nel tempo.
Altrettanto grave è l’inchiesta Consip per la quale due ufficiali del Noe, già sotto inchiesta della magistratura, erano stati addirittura interdetti per un anno dal gip dall’esercizio delle funzioni di pubblici ufficiali con l’aggiunta dell’accusa di depistaggio (interdizione poi sospesa per motivi tecnici). Com’è noto, nella vicenda sono indagati l’ormai ex comandante generale Tullio Del Sette e il generale Emanuele Saltalamacchia, già comandante della Legione Toscana e da un mese alla guida del comando carabinieri del ministero degli Esteri. Sull’intera, oscura, vicenda il governo Gentiloni fece capire come la pensava prorogando di un anno il mandato di Del Sette nello scorso gennaio. Il vertice politico non ha mai creduto alle accuse nei suoi confronti.
Come per tutte le inchieste, le eventuali responsabilità saranno accertate dalla magistratura. Mettendo da parte l’inchiesta Consip, particolarmente grave per il tipo di accuse e per le conseguenze politiche avendo coinvolto la famiglia dell’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi, negli altri casi dovrebbero esserci stati almeno provvedimenti disciplinari dei quali però di solito non si conoscono i particolari. L’istinto che scatta da troppi anni nell’Arma ogni volta che un carabiniere è coinvolto in un’inchiesta non è quello di fare piazza pulita: naturalmente si collabora con i magistrati, e ci mancherebbe, ma più o meno inconsciamente si cerca di limitare i danni. Come minimo, i danni di immagine. Quello che si fatica a comprendere è che rinchiudersi in un fortino è inutile e controproducente.
Il compito che attende il generale Gianni Nistri, (in foto), è quindi più complesso di quanto già non preveda il suo nuovo incarico. L’indubbio aumento del potere negli ultimi anni da parte del Cocer, il Consiglio di rappresentanza interno, non ha favorito interventi adeguati. Nello stesso tempo, se in un certo comando o in una certa regione ci sono stati o ci sono problemi organizzativi o gerarchici, il timore di ricorsi interni o di schermaglie parasindacali che hanno frenato interventi drastici non può essere giustificato solo con il ruolo del Cocer. Evidentemente si è preferito il quieto vivere.
Prendiamo come esempio la vicenda di Firenze. Prima che i due militari accusati dello stupro accompagnassero le ragazze a casa sull’auto di servizio (cosa vietata), in quella discoteca erano giunte anche altre pattuglie: una delle ragazze ha detto di ricordare 5 o 6 carabinieri. L’impressione è che l’intera gestione di un banale intervento notturno in una delle città più importanti d’Italia sia stata come minimo superficiale: è lecito allora chiedersi se funzioni o no il controllo gerarchico del nucleo radiomobile, della compagnia, del comando provinciale e via via salendo?
Quello che si chiede al nuovo Comandante è un atto di coraggio. Al primo sentore di qualcosa che non va, devono scattare ispezioni, trasferimenti, punizioni. Se un militare si comporta come non dovrebbe, non va punito solo lui, ma anche il suo comandante che non ha saputo essere tale: un provvedimento disciplinare o una valutazione negativa nelle note personali possono stroncare la carriera di un ufficiale, un “messaggio” che si diffonderebbe in un baleno in tutta Italia. Non è retorica ricordare che le mele marce, anche se comunque troppe, sono la piccolissima parte di un’Arma che fa il suo dovere fino in fondo, dal più normale controllo del territorio alle indagini antiterrorismo. Proprio per rispetto verso chi fa il proprio dovere, è indispensabile fare piazza pulita di chi si comporta diversamente.
Contiamo su di lei, generale Nistri.