Al fianco del Partito Democratico – alle elezioni in programma il prossimo 4 marzo – ci sarà anche una forza a vocazione ulivista, che si ispira esplicitamente all’esperienza politica e di governo dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. Si tratta di Insieme – la lista formata dai socialisti di Riccardo Nencini, dai Verdi di Angelo Bonelli e dai prodiani di Area Civica – che alle politiche si presenterà all’interno della coalizione di centrosinistra, nella quale trova spazio anche Civica Popolare di Beatrice Lorenzin (qui le foto scattate da Umberto Pizzi in occasione della presentazione del simbolo della formazione guidata dal ministro della Salute). Non è ancora chiaro, invece, cosa farà + Europa di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova che dopo aver incassato l’appoggio di Bruno Tabacci – grazie a cui è stato risolta l’empasse sulle firme – ha deciso di prendere tempo in attesa di capire come finiranno le trattative con Renzi e con il Pd. “Io mi auguro che scelgano di far parte della coalizione e che non se ne vadano in solitaria“, ha commentato uno dei leader di Insieme, il fondatore di Area Civica ed ex ministro per l’Attuazione del programma di governo ai tempi del secondo esecutivo di Prodi, Giulio Santagata. Che in questa conversazione con Formiche.net ha fatto il punto della situazione sullo stato di salute del centrosinistra a sette settimane dal voto, indicato le priorità programmatiche di Insieme e svelato anche con quale stato d’animo Prodi stia vivendo questa campagna elettorale.
Santagata, come mai voi prodiani avete scelto di dar vita a un movimento con i socialisti e i verdi?
I socialisti e i verdi sono stati tra i fondatori dell’Ulivo. Fanno parte di quelle tante culture riformiste e democratiche che Prodi riuscì a mettere insieme in quell’esperienza. Superando le divisioni ideologiche e facendo leva, invece, sui tanti obiettivi comuni. Ho trovato compagni di viaggio molto motivati e convinti che la democrazia italiana abbia bisogno di un’area di centrosinistra forte.
Ma che vuol dire ispirarsi all’Ulivo nel 2018?
Essere ulivisti significa essere disponibili a ricercare una forte unità di idee tra tutti coloro che condividono obiettivi comuni: nel nostro caso di crescita e sviluppo equilibrato e solidale. Per creare un Paese coeso ed equo.
L’accordo con il Pd è fatto? Perché avete scelto di allearvi con il partito di Matteo Renzi e di non rivolgere il vostro sguardo, ad esempio, verso Liberi e uguali?
Abbiamo parlato con Piero Fassino. Ci chiamiamo Insieme, non potevamo essere quelli che rompono. Abbiamo scelto di stare nel centrosinistra il cui pilastro è il Pd. Che pure ha alcuni difetti e con il quale esistono non irrilevanti differenze. Ma senza il Partito Democratico non c’è il centrosinistra.
E il partito di Pietro Grasso?
Non faremo mai campagna elettorale contro Liberi e uguali. Non sono loro i nostri avversari. Lo sono, invece, il centrodestra e i populisti del MoVimento 5 Stelle. Ci dovrà pur essere un momento in cui ci ritroviamo.
Però alle prossime elezioni vi contenderete gli stessi voti. Tecnicamente sono vostri avversari.
Non sono così irrealista da pensare che si possa fare un’alleanza con Liberi e uguali in questa campagna elettorale. Ma sono convinto che dopo le elezioni – qualunque sia l’esito – sia necessario ritrovarsi. Il nostro obiettivo immediato è aiutare il centrosinistra a ottenere un risultato positivo alle politiche. Sul medio-lungo periodo, invece, abbiamo una motivazione più strategica: favorire, dopo il voto, il riavvicinamento con Liberi e Uguali.
Dal punto di vista programmatico, invece, qual è la vostra priorità?
Ricreare l’ascensore sociale che in Italia si è fermato da troppo tempo. Ci sono due problemi, a mio avviso, da questo punto di vista. Il primo è la povertà che continua ad aumentare. Il governo ha fatto una buona cosa con il reddito di inclusione, ora però bisogna continuare. Ma si tratta comunque di una questione che può essere affrontata con le politiche pubbliche. Con i trasferimenti.
E il secondo problema?
E’ lo scivolamento verso il basso del ceto medio che è stato da sempre l’ossatura della nostra società. L’Occidente è cresciuto quando il ceto medio è cresciuto: è così che si è fatto il grande balzo verso il benessere. Se viene meno il ceto medio perché la disuguaglianza diventa intollerabile – i primi dieci al mondo hanno un patrimonio superiore al Pil italiano – si blocca tutto: la crescita, la tenuta del welfare, la demografia. E una società che non fa figli non è destinata a un futuro roseo. Affatto. Occorrono politiche strutturali per generare nuovo lavoro buono: più ricerca, più formazione, più investimenti.
Lei è tradizionalmente molto vicino a Romano Prodi. Come giudica il Professore l’avventura di Insieme?
Prodi è stato più coerente di me nel senso che, quando ha detto che non avrebbe fatto più politica, ha mantenuto la parola data. Io ho resistito cinque anni e poi ci sono ricascato. Battute a parte, il suo sguardo nei nostri confronti è benevolo, se non altro perché riprendiamo temi che lui ha portato nella politica italiana.
L’ha sentito ultimamente? Che cosa le ha detto?
Ci sentiamo con continuità ma non è che si parli solo di politica interna. La visione che Prodi ha maturato in questi lunghi anni di intensissima attività all’estero lo porta a guardare le cose in maniera un po’ diversa da come fa la politica italiana. Prodi è molto più interessato ai temi strategici di lungo periodo: all’Africa per dirne una, al nostro rapporto con la Cina, all’Europa, alle potenzialità e ai rischi del Medio Oriente. Tutti temi che nella politica italiana non trovano spazio se non per una polemica o per una battuta. Noi ci guardiamo nell’ombelico e parliamo gli uni degli altri senza entrare mai davvero dentro le grandi questioni. Prodi fa oggettivamente molta fatica a ritrovarsi nello schema politico nazionale e lo posso capire.
Ma le è apparso preoccupato per la possibile instabilità politica che potrebbe seguire il voto?
La preoccupazione fondamentale di Prodi in questo momento si chiama Europa. L’idea che l’Italia – anziché contribuire alla tenuta e alla qualificazione del vecchio continente – ne diventi un elemento di debolezza, lo preoccupa moltissimo.
Se dalle urne non uscirà un vincitore chiaro, secondo lei cosa sarebbe il caso di fare?
Se sarà stallo dal punto di vista dei numeri mi auguro che si torni a votare con una certa rapidità e che non ci si intestardisca in una situazione in cui non si è in grado di risolvere i problemi. L’Italia non dovrà accontentarsi di mettere una toppa: abbiamo bisogno di un governo, non di scherzare.
Ma chi sarà il volto della campagna elettorale di Insieme?
Siamo orfani di front runner ma non lo vedo come un problema. Anzi. Faremo di necessità virtù e penso possa venirne fuori un bene: l’idea della politica personalizzata ha fatto solo danni se devo essere sincero.
Santagata, lei ha seguito le due campagne elettorali di Prodi nel 1996 e nel 2006 ed è stato l’autore di iniziative come la fabbrica del programma e il pullman del Professore. Che consigli si sente di dare a Renzi in vista della corsa verso le urne?
Dico semplicemente una cosa: che non ci si può limitare alle apparizioni televisive o al contatto anche quotidiano sui social network. La politica e le campagna elettorali, da sempre, si fanno in un modo: andando in giro a incontrare le persone, a toccare con mano i loro problemi e a spiegargli le varie proposte politiche. Mi auguro che Renzi lo stia facendo.