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L’importanza geoeconomica (per l’Italia) del Kenya

Lo scorso 4 marzo il Kenya è andato alle urne. Dopo un lungo e difficoltoso scrutinio dei voti, la Commissione Elettorale ha dichiarato Uhuru Kenyatta nuovo presidente del paese. Le consultazioni si sono svolte in maniera pacifica, ma la stabilità politica rimane ora soggetta a due principali incognite: l’annunciato ricorso alla Corte Suprema da parte del perdente Odinga e l’avvio a l’Aia del processo al neo-presidente Kenyatta per crimini contro l’umanità. Nodi da sciogliere al più presto, per evitare il ripetersi dei sanguinosi scontri seguiti alle elezioni di dicembre 2007 e dare nuovo slancio ad una delle economie più dinamiche in Africa Sub-Sahariana.

Lo sguardo internazionale

La trasparenza e il pacifico svolgimento delle elezioni sono stati accolti con entusiasmo da Stati Uniti e Unione europea. Tuttavia, le congratulazioni delle cancellerie occidentali hanno riguardato il popolo keniota in generale, evitando di fare esplicito riferimento al vincitore Kenyatta. Nei prossimi mesi è infatti prevista l’apertura del processo presso la Corte de l’Aia, in cui saranno giudicate alcune personalità di spicco in Kenya, tra cui il neopresidente Kenyatta e il suo alleato e vice-presidente William Ruto, entrambi accusati di crimini contro l’umanità per un presunto coinvolgimento nelle violenze post elettorali del 2007-2008.

Il rilancio economico

Secondo un focus sviluppato dagli studi di Sace, se le tensioni post-elettorali saranno gestite positivamente, l’agenda del nuovo governo si concentrerà principalmente sull’economia nazionale, con l’obiettivo di consolidare i progressi registrati negli ultimi anni. Il Kenya è una delle economie più dinamiche dell’Africa Sub-Sahariana e riveste un ruolo di leadership economica e politica nella East African Community. Nel 2013 la crescita del Pil keniota è stimata in rafforzamento (5,6% yoy, in ulteriore ripresa al 6,4% nel 2014), confermando la tendenza positiva degli ultimi anni (5,1% medio annuo nel periodo 2010-12).

La crescita si è unita ad un quadro macroeconomico più equilibrato, grazie anche all’assistenza finanziaria e tecnica offerta dal Fondo Monetario Internazionale nell’ambito della Extended Credit Facility triennale da 750 milioni di dollari sottoscritta a gennaio 2011. Ad esempio, il tasso di inflazione si è ridotto, passando dal 14% medio annuo del 2011 al 10% del 2012, in ulteriore calo al 6% per l’anno in corso. La performance economica è legata anche al positivo contribuito del settore del turismo, terza fonte di valuta estera (dopo le rimesse degli emigrati e le esportazioni di tè), e delle telecomunicazioni: un keniota su due ha accesso a internet e la Banca Mondiale stima che, dal 2000 a oggi, il comparto mobile ha contribuito per l’1% annuo alla crescita del Pil.

L’instabilità strutturale

Rimangono tuttavia alcune vulnerabilità strutturali. Come spesso accade per i Paesi africani, restano da sciogliere diverse criticità che frenano il pieno sviluppo. In particolare, l’economia keniota resta vulnerabile alle oscillazioni nei prezzi delle commodity sui mercati internazionali a causa della dipendenza dalle importazioni di alimentari e petrolio. Da considerare poi l’impatto delle mutevoli condizioni climatiche sulla performance del settore agricolo (che contribuisce per il 24% al PIL) e delle fonti idroelettriche nella generazione di energia.

Gli scambi commerciali con l’Italia

Sempre secondo il rapporto Sace, nei primi undici mesi del 2012 (ultimi dati disponibili), il Kenya si classifica come il settimo mercato di sbocco dell’export italiano e il 16° paese di import in Africa Sub-Sahariana. Rispetto allo stesso periodo del 2011, le esportazioni italiane in Kenya hanno mostrato un aumento del 26%, attestandosi a 145,2 milioni di euro, sostenute in particolare dai prodotti della meccanica strumentale, seguiti da quelli alimentari e della chimica. In aumento del 6% le importazioni italiane dal Kenya, pari a 74,5 milioni di euro, costituite principalmente da prodotti tessili, alimentari e minerari.



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