L’attività di influenza messa in atto in Rete durante le scorse elezioni americane da bot manovrati dal Cremlino potrebbe essere ancora più estesa di quanto si pensasse.
L’AVVISO DI TWITTER
Twitter – uno dei social media più interessati dal fenomeno – ha spiegato attraverso il suo blog di aver inviato una mail agli oltre 670mila utenti che avevano rilanciato o mostrato apprezzamento verso i contenuti disseminati dall’Internet Research Agency (IRA), una vera e propria ‘fabbrica dei troll’ dietro la quale si nascondeva un’attività di propaganda che l’intelligence Usa ritiene possa essere stata direttamente sponsorizzata dai servizi segreti di Mosca.
I NUMERI
Il social network ‘cinguettante’ ha aggiunto di aver scoperto un totale di 3814 account associati all’IRA, che ha inviato oltre 175mila tweet durante le dieci settimane precedenti le elezioni. Solo circa l’8% di quei tweet era effettivamente correlato alle elezioni, ma ciò non riduce l’ampiezza dell’operazione di influenza per almeno due motivi. Il primo è che alcune delle fake news diffuse, pur non parlando in modo specifico della corsa per la presidenza, erano comunque tese a raggiungere un risultato specifico di propaganda. E il secondo è che l’attività dell’IRA è solo una parte di quella venuta alla luce. La stessa Twitter rivela infatti che il conteggio totale degli account di troll automatizzati collegati alla Russia durante il periodo preso in esame è pari a più di 50mila (e non è detto che non se ne scoprano altri).
L’INFLUENZA RUSSA
Secondo gli elementi raccolti dall’intelligence americana e da ricercatori privati, durante la campagna per le presidenziali agenti russi avrebbero creato e gestito centinaia di migliaia di falsi profili Twitter usati per diffondere messaggi negativi sulla candidata Hillary Clinton. Ad esempio, l’azienda di cyber security FireEye aveva scoperto una lista di profili che hanno fatto uso di hashtag come “guerra contro i democratici”, twittandoli decine di volte al minuto. Altro tema agitato dai propagandisti russi fu la responsabilità della Clinton nell’attacco di Bengasi dell’11 settembre 2012, che causò la morte dell’ambasciatore Cristopher Stevens e di altri membri dell’ambasciata libica. Ma la campagna di influenza russa non ha preso di mira esclusivamente l’ex segretario di Stato o il Partito Democratico e, potrebbe non essere ancora finita. Come raccontato a settembre scorso dal New York Times attingendo dal lavoro di ricerca realizzato dall’Alliance for Securing Democracy, iniziativa che fa capo all’istituto German Marshall Fund di Washington, sta affiorando infatti una predilezione costante delle spie russe per temi capaci di infiammare l’opinione pubblica e dividerla lungo linee ideologiche. Negli Usa e non solo.