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Dopo le tasse, le infrastrutture. Ecco la prossima mossa di Trump

Trump, Cina, naso sanguinante, congresso

Prima le tasse, per consentire alle imprese una migliore distribuzione degli utili (si veda il caso Wal Mart, qui il focus). Poi gli investimenti, per trasformare gli Stati Uniti d’America in un gigantesco cantiere a cielo aperto. Donald Trump apre un altro fronte nella sua amministrazione amata e temuta allo stesso tempo, quello delle infrastrutture. Annunciando poco prima di partire per Davos un maxi-piano da 1.700 miliardi di dollari, 7 volte e mezzo il riassetto di strade e porti annunciato dall’India 3 anni fa (250 miliardi). È come se poco meno del Pil italiano (1,8 miliardi di dollari) venisse impiegato per finanziare strade, porti, dighe e acquedotti.

L’ANNUNCIO DI TRUMP

A margine dell’incontro con un centinaio di sindaci di metropoli americane, Trump ha di fatto lanciato una vera e propria bomba, un piano per le infrastrutture da 1700 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi 10 anni. Una cifra addirittura  più alta di quella trapelata prima di Natale (1.000 miliardi) e che aveva fatto letteralmente schizzare a Wall Street i titoli delle imprese di costruzioni quotate, che inevitabilmente verranno coinvolte nei lavori. Nonostante i dettagli del piano, di cui Trump aveva parlato velatamente durante la corsa alla Casa Bianca, verranno annunciati il prossimo 30 gennaio, quando Trump terrà il suo secondo discorso sullo stato dell’Unione, Formiche.net è in grado di anticiparne qualcuno.

TUTTI I CANTIERI DI DONALD

Da un documento pubblicato sul sito Axios, emerge come il grosso delle risorse verrà dirottato su trasporti e infrastrutture idriche. Nel dettaglio, per quanto riguarda il primo blocco di investimenti, i lavori saranno concentrati sulla riparazione e costruzione di nuove autostrade, sull’ammodernamento delle stazioni ferroviarie e sull’allargamento degli scali aeroportuali. In pratica l’intero trasporto nazionale (terra, ferro, aria). Ma c’è di più. Molto andrà anche sulle infrastrutture dedicate all’approvvigionamento di energia e beni essenziali, come l’acqua. Dal documento infatti emerge chiaramente la volontà di investire sia nella condotte, cioè la rete di fornitura locale (inland waterways) sia sulle fonti, ovvero le dighe. Previsto infine un vasto piano di riqualificazione urbana e una ventina abbondante di miliardi per la costruzione del muro tra Usa e Messico.

TRA PUBBLICO E PRIVATO

Ma qual’è il meccanismo a monte del piano. Il nocciolo è la partnership tra pubblico e privato. La Casa Bianca non ha infatti intenzione di accollarsi il 100% dei costi, ma di finanziare il cantieri con un range di risorse tra il 10 e il 50% del valore del singolo investimento. Il resto dovranno metterlo i privati, che comunque avranno un bello sconto visto che, nella migliore delle ipotesi la metà delle risorse arriverà dallo Stato (Washington girerà le risorse ai singoli Stati federati, che poi le dislocheranno). Il meccanismo è insomma quello del moltiplicatore (simile al piano Juncker), con soldi pubblici che attirano capitali privati e coprono l’intero investimento.

L’ITALIA CORRE CON TRUMP

Un simile volume di risorse non potrà non attirare i grandi general contractor del mondo. Per affidare i lavori ai privati per la parte non finanziata dal governo verranno indette della gare e qui potrebbero entrare in gioco anche le imprese italiane. Per esempio Astaldi, per quanto riguarda le costruzioni viarie. La controllata americana del gruppo ha infatti appena chiuso un accordo con la spa pubblica Simest, società dell’universo Cdp, per l’ingresso dello Stato nel capitale della branch Usa. Poi ci sono le Ferrovie, che già oggi corrono per l’Alta Velocità in California. Per non parlare di Salini-Impregilo: la società italiana (qui lo speciale di Formiche.net) ha comprato lo scorso anno per 406 milioni Lane Industries, primo costruttore di autostrade in Usa, con un giro d’affari di 1,5 miliardi. Un ottimo biglietto da visita per il piano di Trump.

 


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