Tutto si può dire di Berlusconi, nel bene o nel male. Quello che certo non gli difetta è una furbizia politica unita a una grande capacità tattica che contribuisce a fare di lui il migliore comunicatore su piazza.
L’ultima sortita, quella su Antonio Tajani (“sarebbe bellissimo averlo come premier”), ne è ancora una volta una palese dimostrazione. Berlusconi segue il suo percorso, la sua idea di campagna elettorale sostanzialmente fregandose degli alleati. Il Cavaliere, a suo dire, parla agli italiani, non è interessato al sempre disprezzato “teatrino della politica” e ai suoi protagonisti.
Affermazione vera solo in parte. È vero che ha grande disistima dei politici di professione, ma solo di quelli – soprattutto se alleati – che gli ostacolano la strada. Basti pensare agli amorosi sensi che ebbe inizialmente con Massimo D’Alema ai tempi del “patto della crostata”, al più recente “patto del Nazareno” con Matteo Renzi e al prossimo, possibile, patto di governo con il centrosinistra magari con Paolo Gentiloni, che peraltro qualche messaggio distensivo già glielo lancia.
Quanto al “teatrino”, non c’è dubbio che Berlusconi non solo ne faccia parte, ma ne sia uno dei protagonisti. Proporre Tajani come premier risponde a diverse esigenze.
La prima è sicuramente lanciare un nome “vero”, un punto di riferimento in Europa e nei contatti che il Cavaliere sta tenendo in vista di un impegno di governo. Una partita in cui Tajani sta avendo un ruolo centrale.
Mossa che comunque di sicuro avrà infastidito la sua ala destra. Giorgia Meloni (che potrebbe vedersela con Gentiloni il 4 marzo a Roma) ha già reagito stizzita: “Tajani? Sarà il candidato di Fi, non è il candidato di Fdi, che come si sa è Giorgia Meloni. Gli italiani scelgano qual è la proposta che li convince di più”. Matteo Salvini al momento non si è fatto sentire, ma la sua reazione non sarà stata diversa. Sul simbolo della Lega c’è indicato il suo nome come premier… E il bello che Berlusconi dice di “averne parlato con gli alleati”. Con quali, e con quali risultati, sarebbe interessante chiederglielo.
Proporre un nome prestigioso come quello del presidente del Parlamento europeo serve inoltre a tenere sempre alta l’asticella per Palazzo Chigi. Insomma, al governo, se non potrà andarci direttamente Berlusconi (come lui sempre si augura), non ci potranno certo andare né Salvini né Meloni, per tacere degli M5s. E sicuramente i nomi che il Cavaliere tiene coperti (ammesso che non sia un sasso nello stagno per vedere l’effetto che fa) non saranno meno importanti di quello di Tajani, a partire magari da Mario Draghi o, perché no, proprio da un Paolo Gentiloni in versione “grosse koalition”.
Guai comunque a ritenere Tajani solo un “ballon d’essai”. Non si cala un “asso” per bruciarlo. E poi con il Cavaliere, il “mai dire mai” è d’obbligo. E ciò che appare solo una ipotesi oggi può diventare molto reale domani. Tajani, va detto, è un nome che potrebbe non risultare affatto sgradito neanche in caso di una grossa coalizione.
Intanto, però, il messaggio che Berlusconi lancia ad avversari ed alleati è chiaro: quando in campo ci sono io, non ce n’è per nessuno.