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Ecco le idee su economia e politica di Papa Francesco

La Chiesa Cattolica è un’istituzione religiosa, ma con i piedi ben piantati nel mondo degli uomini. Come tale sa bene che c’è un tempo per la Fede e un momento nel quale occuparsi di questioni apparentemente meno spirituali.

Da questo punto di vista, non è per nulla secondaria l’idea di società e di politica economica che caratterizza il nuovo Papa Francesco, che il New York Times ha definito “un conservatore vicino alla gente”.
A lui è destinata l’incombenza di affrontare immediatamente svariati tra i problemi più spinosi degli ultimi anni, alcuni dei quali di matrice politica e finanziaria, come le vicende riguardanti lo Ior.

Argentino, gesuita, considerato per certi versi “l’anti-Benedetto XVI”, l’ex Cardinale Bergoglio ha vissuto in prima linea i momenti peggiori della sua madre patria, dagli anni bui della dittatura di Videla al crack che mise la nazione in ginocchio.

A dedicare un capitolo alle idee politiche ed economiche del Papa venuto “dalla fine del mondo” ci ha pensato il Washington Post, che ripercorre alcuni dei momenti salienti che hanno formato e possono raccontare il nuovo Pontefice.

I DISSIDI CON LA PRESIDENTE KIRCHNER
Le cronache raccontano che quando il presidente argentino Cristina Fernández de Kirchner tentò con successo di legalizzare le unioni omosessuali, l’allora Arcivescovo di Buenos Aires si oppose con veemenza, affermando: “Questo non è un semplice disegno di legge. Si tratta di una mossa da parte del padre della menzogna per confondere e ingannare i figli di Dio”.

Si spiega forse anche con queste tensioni l’iniziale freddezza del governo argentino alla notizia della fumata bianca che ha decretato l’inizio del ministero petrino di Papa Francesco.

IL NO ALLA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE
Secondo il giornalista John Allen del National Catholic Reporter, il nuovo Pontefice si è sempre tenuto alla larga dalla Teologia della liberazione – un ramo del pensiero sociale cattolico in cui si sottolinea l’importanza di una riforma delle strutture capitalistiche che arrecherebbero svantaggio ai poveri – anche se molti dei suoi colleghi in America Latina stavano abbracciando questa riflessione teologica dai contenuti contrastanti con quelli della Santa Sede.

Questa teoria trovò terreno fertile nei paesi del Sud America per dare risposte energiche ai più bisognosi nel periodo delle dittature militari, alle quali Papa Francesco è stato accostato da alcuni cronisti per un presunto sostegno al regime militare di Videla. Il legame è stato prontamente smentito.

UN NEMICO CHIAMATO AUSTERITÀ
Il nuovo Pontefice sembra essere soprattutto un avversario dell’austerità – una posizione che potrebbe indurlo a inserirsi, con cautela, nel dibattito attuale – in particolare durante il suo periodo come guida spirituale in Argentina, quando nel 2002 il Paese fu inadempiente nel ripianare il suo debito.

LA LOTTA AL LIBERISMO DI MENEM
Un documento di Thomas Trebat, “L’Argentina, la Chiesa e il debito” descrive in modo dettagliato il ruolo della Chiesa nella risoluzione della crisi.

I Vescovi argentini, tra cui Papa Francesco, avevano a lungo criticato le politiche liberiste di Carlos Menem, che è stato presidente dal 1989 al 1999.
I vescovi hanno criticato quel modello economico perché generatore di povertà e disoccupazione, nonostante la stabilità che aveva dato al Paese”, ha scritto Trebat.

LA CRISI? SI COMBATTE CON L’EQUITÀ
Quando la crisi del debito ha colpito nel 2002, la Chiesa ha chiesto in modo forte una ristrutturazione del debito che desse a programmi di sostegno sociale la precedenza rispetto al rimborso del denaro.

I Vescovi hanno affermato che a detta loro i veri problemi dell’economia argentina sono stati “l’esclusione sociale, un crescente divario tra ricchi e poveri, l’insicurezza, la corruzione, la violenza sociale e familiare, gravi carenze nel sistema educativo e nella sanità pubblica, le conseguenze negative della globalizzazione e la tirannia dei mercati”.

L’INFLUENZA DELLA CHIESA SUI MERCATI
Trebat pensa che l’atteggiamento della Chiesa argentina abbia influenzato il risultato finale della crisi, poiché i creditori del Paese hanno accettato un pacchetto di austerità meno devastante di quanto molti si aspettavano.

La società civile, di cui la Chiesa fa parte, ha un ruolo da svolgere nel chiedere che il ripianamento del debito non sia prioritario rispetto allo sviluppo umano, una volta che ragionevoli sforzi sono stati realizzati per raggiungere l’obiettivo“, ha concluso.

Trebat ha studiato la reazione di tutta la Chiesa, e non solo quella del Pontefice Francesco, ma i commenti da parte del nuovo papa suggeriscono che avesse opinioni simili.

IL PAPA CHE SALVERÀ L’OCCIDENTE?
Allen cita a proposito un discorso successivo, in cui l’allora Cardinale Bergoglio ha dichiarato: “Noi viviamo, a quanto pare, nella parte più ineguale del mondo, dove la miseria è cresciuta e non si è ridotta. L’ingiusta distribuzione dei beni persiste, creando una situazione di peccato sociale che grida al Cielo e limita le possibilità di una vita più piena per tanti nostri fratelli“.

Come e quanto Papa Francesco sarà coinvolto nei dibattiti sull’austerità negli Stati Uniti, in Europa e altrove – anche in Asia – resta da vedere. Ma se il suo passato e quello degli altri ecclesiastici argentini fornisce qualche indicazione, non guarderà in modo troppo benevolo tagli alla spesa sociale.



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