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Le elezioni e lo spauracchio dell’ingovernabilità

elezioni, m5s

È inutile farsi troppe illusioni, la legge per eleggere il nuovo Parlamento con la quale si andrà a votare il 4 marzo prossimo è stata concepita, non si sa fino a che punto volontariamente o per semplice sciatteria, apposta per non garantire governabilità, ma per nominare solo i singoli rappresentanti del popolo, senza vincolo di mandato.

Scomparsi i partiti, assenti ideali, valori, principi, smarrita la sia pur minima organizzazione democratica al loro interno che resta, se non il capo partito con la sua oligarchia molto ristretta che determina candidature, decisioni e scelte? È il gioioso ritorno al trasformismo giolittiano per chi sta dentro, triste futuro per chi vorrebbe essere in un Paese dove il buon governo ricominci ad essere più o meno la normalità e non questione straordinaria.

E qui si possono riallacciare i fili con la storia, con la democrazia borghese di fine Ottocento inizi Novecento, quando Giovanni Giolitti uomo politico liberale, incaricato dal Re di formare il governo, si chiudeva in una sala di Monte Citorio per ricevere i suoi interlocutori per costruire l’esecutivo. A presentarsi dal presidente incaricato non erano gli alti esponenti di partito o dei gruppi parlamentari, né parlamentari liberali, ma singoli deputati di tutti i partiti che si recavano da Giolitti per chiedere incarichi, favori, prebende, lavori pubblici in cambio del voto di fiducia.

I partiti che partecipavano alle elezioni erano una quindicina e davano vita a dodici gruppi parlamentari. In questo tempo si confermò l’origine del termine trasformismo, coniato al tempo di Agostino Depretis. La storia poiché è maestra di vita, con poche eccezioni, e constatata l’attuale situazione elettorale e politica, potrebbe accadere che dopo il 4 marzo, non essendoci un partito o una coalizione che conquisti la maggioranza per formare il nuovo governo, il presidente Mattarella designi autonomamente una personalità, anche esterna ai partiti, per formare il prossimo esecutivo.

Il presidente del consiglio incaricato dal capo dello Stato opererebbe, mutatis mutandis, secondo gli scenari già raccontati al tempo di Giolitti e della democrazia borghese del primo Novecento, quando il suffragio elettorale non era universale ma per censo e la partecipazione alla vita politica era molto limitata. Si spera che non si torni al secolo scorso, e che la democrazia italiana si rafforzi sempre di più, girando presto questa oscura pagina.


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