Esiste un’area del mondo in cui la storia sembra non essere andata avanti dai tempi della guerra fredda, una parte del globo in cui da decenni si combatte ininterrottamente una battaglia fatta di informazioni e segreti rubati, lungo una linea che – come una cicatrice – a stento nasconde ciò che resta della profonda frattura che aveva diviso l’Europa e il mondo in due blocchi.
Se nel presente le tensioni tra i Paesi dell’Alleanza Atlantica e la Russia sembrano riaffiorare e riacutizzarsi, vi sono dei luoghi lungo quella linea, che un tempo era chiamata “cortina di ferro”, in cui lo scontro non si è mai fermato, proseguito silenziosamente in una lotta di spie dai tratti fumosi e oscuri.
Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, infatti, la contrapposizione militare ha ceduto il passo a una più raffinata e complessa forma di confronto strategico tra le potenze mondiali. È questa la premessa necessaria per riprendere una vicenda apparentemente inspiegabile accaduta in Norvegia e rilanciata all’attenzione internazionale dal Washington Post: la storia dell’arresto a Mosca di un anziano pescatore proveniente dalla piccola città portuale di Kirkenes, sul mare di Barents, accusato dall’Fsb di spionaggio internazionale.
Frode Berg, questo il nome del pescatore, era arrivato nella cittadina di Kirkenes da giovane in servizio militare, con il compito di presidiare quella sensibilissima area della Norvegia ai confini con la Russia, incastonata nella punta più a nord della cortina di ferro. Il mare di Barents da sempre è al centro di un conflitto nascosto tra le forze atlantiche e quelle russe. Berg aveva deciso di restare a Kirkenes anche dopo la conclusione del suo servizio, vivendo da pescatore e partecipando attivamente alla vita di quella minuscola comunità di appena 3500 abitanti. Data la vicinanza al confine e l’esistenza di un varco di accesso alla Russia, garantito da un accordo tra i due Paesi e valido per i residenti dell’area, Berg si guadagnava da vivere facendo da intermediario con i russi che pescavano nelle acque di Kirkenes e ormeggiavano le loro barche nel porto della città. Quella che all’apparenza poteva sembrare la vita normale di un uomo di provincia è stata sconvolta da un’accusa inaspettata e incomprensibile per quanti lo abbiano conosciuto nell’arco degli ultimi decenni. Secondo quanto dichiarato dalle forze di polizia russe che lo hanno tratto in arresto, il cittadino norvegese si sarebbe servito del suo diritto di muoversi liberamente sul confine tra i due Paesi per fare da intermediario tra i servizi norvegesi e delle fonti reclutate in Russia. L’accusa è stata formulata a seguito dell’intercettazione da parte dell’Fsb della corrispondenza di Berg, indirizzata a una donna russa – Natalia – e contenente del denaro in contanti e delle istruzioni per accordare uno scambio di informazioni e materiale sensibile appartenente al governo russo.
Berg ha cercato di difendersi da tale accusa prima smentendo l’accaduto e poi ammettendo di aver ricevuto da un conoscente la corrispondenza da inviare senza avere idea del suo contenuto. La storia, dai tratti ambigui e incerti, sta attirando l’attenzione internazionale poiché giunge in un momento in cui il livello di conflittualità in quella parte del mondo è altissima. Al confronto silente tra le forze armate atlantiche e russe sotto le acque del mare di Barents va oggi più che mai a sommarsi una nuova corsa verso l’Artico, che vede contrapposte diverse potenze mondiali per il controllo di rotte strategiche, sia da un punto di vista militare sia commerciale.
Così quell’area, solo apparentemente lontana dal cuore dell’Europa, è divenuta il centro di operazioni di spionaggio e controspionaggio su cui lentamente prende vita la nuova cortina di ferro nell’era della guerra delle informazioni.
Al momento non è dato sapere quale sia il destino dell’anziano pescatore norvegese. Varie ipotesi sono state formulate sulla vicenda e numerose domande si susseguono: sarà stato l’abile organizzatore di una centrale informativa sotto il naso dei russi per tutti questi anni? Sarà stato un mero (e forse inconsapevole) esecutore di un’operazione attribuibile ai servizi norvegesi? E ancora, sarà stato vittima di un escamotage pensato dai servizi di controspionaggio russo per smuovere le acque già agitate del mare di Barents?
È possibile pensare che una risposta chiara a queste domande difficilmente venga data. Allo stesso tempo, come spesso accade nel mondo dell’intelligence, ciò che non è chiaramente visibile da vicino – nel dettaglio – è comprensibile da una prospettiva più ampia. In questo caso, come in numerosi altri, quella prospettiva assume nitidamente le forme della cortina di ferro.