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Eni-Turchia, la Mogherini e l’inesistenza di una politica estera europea. Intervista a Franco Frattini

Passano i giorni e il caso Eni-Turchia comincia a pesare come un macigno sui rapporti diplomatici fra Ankara e Roma. A nulla sono servite le flebili prese di posizione giunte dalla Farnesina e dall’Europa: il presidente Erdogan, reduce da una sontuosa visita di Stato in Italia, non ha alcuna intenzione di cedere il passo alla Saipem 12000. Intanto Eni manda in fumo, ogni giorno che passa, circa 500.000 euro. Da Bruxelles solo un generico invito al rispetto del diritto internazionale. “Una risposta di banale timidezza”, accusa il presidente della Sioi Franco Frattini, già ministro degli Esteri e commissario europeo, oggi rappresentante speciale dell’Italia all’Osce. In questa conversazione con Formiche.net l’ex titolare della Farnesina condanna l’affronto turco ma anche “la debolezza dell’Alto rappresentante” Federica Mogherini, segno che “l’Unione Europea non ha una politica estera”.

Presidente, il blocco turco della Saipem 12000 continua, e ogni giorno Eni perde centinaia di migliaia di euro. Siamo a un punto di rottura definitiva fra Turchia ed Europa?

Il fatto è di straordinaria gravità. Le dichiarazioni di Descalzi sono credibili: Eni operava largamente all’interno della zona economica esclusiva, quindi è evidente che le manovre militari turche hanno il carattere di un tamburo di guerra. Per di più Cipro si trova in una fase delicata, all’indomani della rielezione del presidente Nikos Anastasiadis, e alle prese con uno storico accordo di riconciliazione con il nord. Con un gesto del genere il governo turco, che da sempre si erge a paladino e tutore dei turco-ciprioti, non ha fatto che danneggiare i loro stessi interessi.

Peraltro l’affronto di Erdogan giunge a pochi giorni dalla sua visita di Stato in Italia.

Questo rende particolarmente offensivo nei nostri confronti il suo gesto, la diplomazia italiana deve farsi sentire con forza. Quando Erdogan è stato accolto con tutti gli onori da Mattarella e Gentiloni conosceva perfettamente i piani per un’eventuale esercitazione militare, se è vero che di esercitazione si tratta, e non ha detto nulla al presidente del Consiglio e al capo dello Stato. Inoltre il Presidente turco sa benissimo che in quella parte del Mediterraneo Eni opera sia nella zona 6 che nella zona 3 come direttamente concessionaria o co-concessionaria.

Con il senno di poi, gli allori con cui l’Italia ha accolto Erdogan a Roma sono stati inappropriati?

L’Italia ha sempre avuto un rapporto particolarmente aperto con la Turchia, cui non ha mai fatto mancare sostegno, amicizia e cooperazione. I turchi se la sono presa con l’unico Paese amico in Europa. Dobbiamo fare la voce grossa innanzitutto puntando sui solidi rapporti economici, perché siamo tra i primi partner commerciali della Turchia in Europa. Poi farei pesare il fatto che, anche quando il resto del mondo segnalava un congelamento diplomatico nei confronti di Ankara, l’Italia ha continuato a dire ai suoi investitori di investire in Turchia. Siamo stati criticati per essere “gli amici della Turchia” quando prima Renzi e poi Gentiloni hanno assistito a una fase di progressivo irrigidimento del governo di Erdogan, con epurazioni e arresti di massa.

Non è la prima volta che il presidente turco rischia di interrompere i rapporti diplomatici con uno Stato europeo.

Non solo in Europa, anche all’interno della Nato Erdogan sta creando una serie di incidenti gravi. Ad esempio nella zona di Afrin, nel nord della Siria, dove i turchi stanno bombardando, ci sono gli addestratori americani per le milizie curde e il rischio di un incidente con gli Stati Uniti è reale.

Si aspettava una reazione più forte della Farnesina?

A dire il vero, più che dalla Farnesina, mi aspettavo qualcosa dall’Europa, che invece ha avuto una risposta di banale timidezza. Questa volta le semplici frasi come “si rispettino i diritti” o “si rispetti l’integrità degli Stati” non sono degne della gravità della questione. Nulla di nuovo per il Servizio europeo per l’azione esterna, che purtroppo è diretto da una nostra connazionale.

Bocciata dunque la risposta dell’Alto rappresentante Federica Mogherini?

La debolezza dell’Alto rappresentante conferma che l’Unione Europea non ha una politica estera. Se ce l’avesse avuta, avrebbe immediatamente richiamato l’ambasciatore europeo ad Ankara, che invece è stato completamente snobbato. Non ha senso parlare di “violazione dell’integrità” degli Stati membri e poi lasciare nella capitale turca il rappresentante dell’Ue.

Inviare delle navi militari per scortare la Saipem 12000 può essere una soluzione?

Mai e poi mai. Inviare una nave militare con la bandiera di uno Stato membro davanti alle coste di Cipro sarebbe una dichiarazione di guerra, l’inizio di una seria degenerazione che noi abbiamo il dovere di evitare. L’Italia da sempre sostiene che l’Europa ha bisogno di un dispositivo strategico di Difesa, oggi inesistente. Un incidente come questo dovrebbe essere prevenuto, anche attraverso messaggi e comunicati, con un opportuno coordinamento militare.

Alla luce di quanto accaduto, fu un errore siglare nel 2016 l’accordo con Erdogan per bloccare la rotta orientale dei migranti?

Non mi è mai piaciuto quell’accordo con la Turchia, la gestione europea di questa partita è stata veramente disastrosa. In un momento in cui l’Italia veniva lasciata sola alle prese con la rotta libica, sono stati pagati 5 miliardi sulla pelle dei rifugiati siriani, e tributati tutti gli onori possibili, come la visita di Angela Merkel ad Istanbul. L’accordo ormai c’è, e il paradosso è che l’Europa è inadempiente, non la Turchia. C’era infatti un capitolo che prevedeva la liberalizzazione dei visti, su cui Bruxelles volutamente non ha fatto passi avanti. Per questo i turchi, che per quei cinque miliardi dovrebbero ringraziarci ogni giorno, oggi sono arrabbiati con noi.

L’idea di una Turchia europea, da sempre un chiodo fisso per Erdogan, si fa sempre più lontana?

Quando Erdogan è stato ricevuto dal presidente Mattarella ha detto che i turchi non vedono l’ora di entrare nell’Unione Europea. Ma ormai è chiaro che né la Turchia né l’Europa sono in grado oggi di fare un ulteriore passo avanti.



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