Ascoltare le dichiarazioni di alcuni rappresentati di centro destra sul nuovo Presidente della Camera, è una cosa surreale ma anche di angosciante tristezza. La distanza dalle persone normali, da quelle persone che hanno studiato e faticato tutta la vita rispetto a questi personaggi apparentemente rappresentativi di qualcosa o di qualcuno, lascia tanta amarezza nel cuore. Una amarezza che è anche conseguenza della oggettiva negazione del rispetto per le istituzioni.
Un discorso quello della neo Presidente della Camera che più che essere un programma di governo, come è stata accusata di aver fatto, è un inno alla responsabilità e all’etica, a valori condivisibili di cui la portavoce dell’Alto Commissariato per i Rifugiati, ne è dotata in abbondanza.
Una donna che ha speso la sua vita per gli ultimi e per i diseredati accusata da piccoli uomini e piccolissime donne senza né arte né parte di essere comunista (scritto nel loro caso con la k) e di fare un discorso ideologico sono certo che non trova d’accordo prima di tutto quegli stessi elettori di centro destra che per ironia del destino si sono ritrovati tali rappresentanti in Parlamento.
La dialettica della democrazia porta necessariamente ad avere idee diverse, posizioni contrapposte, dialettiche distanti. Ma è arrivata l’ora della responsabilità e del rispetto, del lavorare “per” e non “contro” qualcosa o qualcuno. Non possiamo più assistere a questi teatrini di bassissimo lignaggio dove per un attimo di visibilità si continua imperterriti a fare campagna elettorale per strappare forse qualche consenso e allo stesso tempo ci si mette gli uni contro gli altri, di fatto armati, per compiere una battaglia che non è più democratica, non è più risolutiva, non è più propositiva, ma solo un battaglia distruttiva che non vuole fare prigionieri. È una specie di sindrome del sopravvissuto: ci si crede immortali e si presume quindi di essere più forti, migliori.
Si disprezza l’avversario politico come un nemico da abbattere, anche quando smette i panni della politica per indossare quelli delle Istituzioni. Sarà pure retorica, ma bisognerà pure ricominciare ad avere rispetto per qualcosa che rappresenta l’unità della nazione, il popolo sovrano, la necessaria volontà di pacifica convivenza e di salutare condivisione dei problemi e della loro migliore soluzione per il bene di tutti. E potrà anche essere stato un discorso ideologico: ma meno male che è tornata un po’ di ideologia. Se per ideologia si intende il richiamo alle forze democratiche per lavorare insieme per risolvere i problemi, non più rinviabili, del nostro Paese, che sia la benvenuta.
Come ha affermato con particolare forza il Santo Padre, il potere è prima di tutto servizio. Il servizio per gli ultimi, per i lontani, per i diseredati, per i piccoli.
Potere al servizio delle migliaia di famiglie che vivono al limite della povertà, servizio per i piccoli imprenditori disperati che non hanno più da vivere. Servizio, una parola semplice che vuol dire: mi prendo cura di quel problema, con responsabilità e mi impegno a risolverlo. Ecco è venuto il momento di gente che lavori per gli altri e non solo per se stessi.