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La Turchia prolunga il blocco della piattaforma Eni e cristallizza una possibile soluzione al 10 marzo

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I media di Cipro riportano che la marina militare turca ha deciso di estendere fino al 10 marzo le sue attività militari nelle acque cipriote, nel Mediterraneo orientale. Operazioni che, di fatto, dal 9 febbraio scorso impediscono alla piattaforma Saipem 12000 di raggiungere l’area prevista per le sue esplorazioni. Un annuncio che giunge quasi allo scadere del precedente avviso, previsto per dopodomani.

“Quello dei turchi potrebbe essere solo un gesto dimostrativo. Un modo per sollevare il tema, senza però spingersi fino in fondo, anche perché consapevoli che si tratti di un tema che li isolerebbe ancora di più. Oppure potrebbero volere usare la forza per impedire che vi siano delle trivellazioni, ma non sappiamo con sicurezza se lo faranno o meno. Anche se io credo che non lo faranno”. Questa l’opinione che il segretario generale ad interim della Nato, Alessandro Minuto-Rizzo ha rilasciato in una conversazione con Formiche.net.

Come riporta l’agenzia di stampa cipriota Cna, il presidente Nicos Anastasiades ha immediatamente convocato una riunione di governi per discutere delle mosse da intraprendere e ha sentito telefonicamente il premier greco Alexis Tsipras.

Riguardo alle ultime dichiarazioni del leader turco cipriota Mustafa Akinci che sembrerebbe aprirsi a una “soluzione provvisoria” e alla creazione di comitati congiunti per l’esplorazione delle “comuni ricchezze”, Minuto-Rizzo ha detto: “La posizione del governo turco, sostanzialmente, è che fino a quando non si risolve il problema della composizione dell’isola tra la parte greca e la parte turca, il governo di Nicosia non ha diritto di disporre delle risorse dell’intera isola come se fossero tutte sue. E deve tener conto della parte nord che avrebbe egual diritto ad avere la sua percentuale di risorse e comunque ad essere consultata. Quindi una questione che è di principio, che però non ha alcun esito perché va avanti da 40 anni senza che si sia mai arrivati a nessuna soluzione”.

Le radici della controversia hanno origine nel 1975, con il tentativo da parte del governo di Nicosia di unirsi alla Grecia. Un tentativo al quale la Turchia non reagì bene, invadendo Cipro e occupandone circa il 30% del territorio, quello situato a nord. Una percentuale di terra su cui fu fondato un governo indipendente non riconosciuto internazionalmente, ma solamente dalla Turchia. “Bisogna partire da qui per comprendere questa controversia”, ha affermato Minuto-Rizzo. Dando poi la sua personale visione della vicenda: “In realtà, io penso che loro si vogliano limitare a stabilire un punto di principio. E io credo, ed è questo poi un po’ il punto politico che ha sollevato Ankara, che bisogna vedere ora se questo principio vorranno davvero portarlo fino in fondo”.

Minuto-Rizzo ha comunque lasciato aperta la possibilità che il governo di Ankara, questa volta, rimanga fermo sulle sue posizioni, senza cedere. “Potrebbe comunque essere che la Turchia insista e continui a impedire di procedere a chiunque si avvicini ai giacimenti di idrocarburi. Vediamo quali delle due opzioni si verificherà. Ripeto però che in passato Ankara non ne aveva mai fatto una questione di vita o di morte”, ci ha tenuto a precisare.

Tutto fermo, dunque, fino al prossimo 10 marzo, sperando che per allora si arrivi ad una risoluzione efficace per entrambe le parti.


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