A voler essere benevoli potremmo dire che il presidente dell’Unione Europea Juncker ha perso un’ottima occasione per tacere. Però forse non vale proprio la pena di esercitare tutta questa bontà d’animo, soprattutto alla luce del fatto che parliamo di un signore dalla lunga carriera politica, cui, quindi, non sfuggono certo le parole di bocca.
Juncker si dice “preoccupato” per l’esito del voto italiano, paventando un governo “non operativo” e annunciando “una forte reazione nei mercati nella seconda metà di marzo”, cioè, per essere chiari, un attacco speculativo sull’Italia che finirebbe per avere effetti anche in Europa, vista le presenza di una moneta unica.
Pessimo è il merito di queste affermazioni e pessimo è anche il metodo, va detto con chiarezza. Pessimo perché in questo modo Juncker non solo entra nel merito di vicende che non lo riguardano (sotto il profilo istituzionale), ma soprattutto perché finisce per tentare di influenzare l’esito delle elezioni, agitando una preoccupazione dal lato dei mandarini di Bruxelles, che finisce per aggiungere benzina al motore dei contestatori, M5S e Lega in testa.
Insomma un vero capolavoro di maldestra interpretazione del proprio ruolo, sul cui livello di malizia sarebbe il caso di condurre un approfondimento ulteriore. Ma c’è di più, molto di più. E lo troviamo nelle due successive affermazioni.
Cominciamo dal governo “non operativo”, creatura inesistente nel nostro ordinamento costituzionale, dove il governo è o non è, punto e basta. Cioè un governo in Italia non può che essere dotato di fiducia del Parlamento, per il semplice fatto che altrimenti non nasce (e quindi si torna a votare, come accaduto in Spagna).
E ancora, sempre in tema di operatività, quali riserve ha avanzato Juncker per i cinque mesi di stallo tedesco, quei cinque mesi trascorsi sino ad oggi dalle elezioni di settembre senza che Merkel e Spd siano arrivati a una conclusione definitiva nelle loro trattative per formare il nuovo governo federale?
Andiamo poi alle minacce di attacco speculativo, mascherate da timori.
Qui Juncker supera se stesso, ritagliandosi il ruolo di Gekko Otelma, incrocio disprezzabile tra il mitico raider cinematografico della finanza interpretato da Michael Douglas e il venerabile mago di casa nostra inventato in Tv da Maurizio Costanzo.
Ne viene fuori un misto di previsione/auspicio/ammonimento che non trova giustificazione e che arreca danno essenzialmente all’Europa e alle sue istituzioni, allontanando ancor di più i cittadini-elettori dai palazzi del potere comunitario, sempre più arroccati nella conservazione del loro ruolo.
Il sogno europeo, il bellissimo sogno europeo, non merita di essere trattato così, dal primo Juncker che passa.