“Il M5S è stato il primo per numero di voti alle ultime elezioni. Per questo chiede ufficialmente un incarico di governo. Un mandato pieno”.
Non ci gira intorno, Beppe Grillo, e dopo l’incontro al Quirinale con il Presidente Napolitano spiega via blog – dove non si possono fare domande – la sua posizione. Tralasciando, al solito, qualche significativo dettaglio.
Ad esempio, che il M5S non è stato il primo partito per numero di voti, considerato che il voto degli italiani all’estero ha valore e dignità esattamente pari a tutti gli altri. E già qui il fu comico genovese ricorda un qualsiasi Galliani quando dichiara che il Milan ha fatto più punti di tutti nel girone di ritorno, peccato che ai fini della classifica valga anche quello di andata.
Altra defaillance nel ragionamento – chiamiamolo così – di Grillo è la pretesa dell’incarico di governo in virtù della (presunta) primazia nei voti. Sfortunatamente, qui non si sta eleggendo il presidente di una Regione, con chi prende un voto in più degli altri che viene eletto, ma tocca trovare una maggioranza in entrambe le camere, e se nessuna coalizione, o partito, ha i numeri, bisogna provare a mettersi d’accordo con gli altri.
Bisogna, cioè, affidarsi all’abc della democrazia parlamentare, quello che Grillo chiama “contrattazione e mercanteggiamento tra i partiti”.
Molti già dicono, forse anche con una qualche ragione, che l’atteggiamento del capo politico dei 5 stelle e dei suoi è di stampo fascista, la pretesa di essere i puri, gli eletti, i detentori unici dell’etica, il “noi siamo nel giusto e tutti gli altri fanno schifo”, la pretesa di dare patenti di cittadinanza a cinque stelle, il “noi votiamo i nostri e li votino anche gli altri perché noi i loro non li vireremo mai”, le pretese poco fondate e le aspirazioni para-plebiscitarie. Forse, più modestamente e semplicemente, si può definire tutto questo analfabetismo democratico.