Uno come Pier Ferdinando Casini deve avere per forza i capelli bianchi. Non è una questione anagrafica, ma di simbolismo: entrato per la prima volta alla Camera nel 1983, oggi Casini è un punto di riferimento in un Senato dagli equilibri incerti. “Per me è un risultato positivo, ma non devo festeggiare nulla, perché mi sembra che non ci sia niente da festeggiare”, ha detto dopo l’elezione a Palazzo Madama nelle fila del Pd. Moderato anche di fronte alla sua X legislatura. Democratico davanti alla sconfitta del centrosinistra e all’affermazione del M5s e della Lega. “La democrazia è fatta di risultati: hanno vinto i cinquestelle e Matteo Salvini. Questa è la realtà. Le chiacchiere stanno a zero”.
SALSICCE, TOGLIATTI E VINO BIANCO
Bologna. Collegio uninominale al Senato. Casini voleva solo quello. Dopo una vita a Montecitorio, con la presidenza della Camera dal 2001 al 2006 e quella più recente della commissione d’inchiesta sulle banche, l’attuale leader dei Centristi per l’Europa voleva candidarsi nella città in cui è nato nel 1955. “Qui è casa mia e sono perfettamente a mio agio. Mi conoscono tutti e sono pronto allo scherzo: loro prendono in giro me e io prendo in giro loro. Questo famigerato problema Casini è una costruzione mediatica che non esiste tra la gente, ma solo sui media”. Il problema Casini è la candidatura col Pd in una roccaforte della sinistra come Bologna, lui che in passato, da leader del Centro democratico, ha stretto alleanze con Silvio Berlusconi per poi appoggiare, dal centro, i governi di Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Da volto storico della Dc, la fotografia di Casini coi ritratti di Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, il pranzo a base di salsicce e vino bianco alla Casa del Popolo Corazza di Bologna, la rossa Bologna, hanno suscitato il sarcasmo dei suoi detrattori. Lui non ci ha fatto caso. “Io le ironie le ho sempre accettate, perché nella vita guai a coloro che si prendono troppo sul serio. Il primo che prende in giro Casini è Casini”. E il secondo, amichevolmente, è Renzi: “Siamo riusciti a far diventare quasi comunista anche Casini”.
L’ESERCITO DEL SELFIE
Per Berlusconi, il vecchio amico, il vecchio alleato, Casini col Pd è una sorta di eresia. “Mai avrei immaginato che Casini chiedesse i voti agli elettori della sinistra”. Pronta replica. Coi soliti toni garbati. “Stare ancora con Berlusconi? Non siamo su Scherzi a parte. Io nel 2001 sono stato eletto presidente della Camera e in quei cinque anni ho avuto un rapporto molto difficile con lui”. Tempi andati. Con la sciarpa rossoblu del Bologna al collo, Casini ha attraversato strade e piazze della sua città. Non da candidato del Pd, “ma da alleato”. “La mia candidatura a Bologna suscita grandissimo interesse giornalistico e lo capisco, ma è assolutamente pacifica girando per la città”. I giornalisti vedevano una cosa. Lui un’altra. “Ho ricevuto un’accoglienza affettuosissima, sono rimasto dentro a fare selfie con tutti i dirigenti del partito. Sono uscito e il giorno dopo ho letto sul giornale: nell’imbarazzo generale arriva Casini. Se quello è l’imbarazzo generale, sono tranquillo e sereno”.
GIOVANNI PAOLO II A MONTECITORIO
Casini s’era schierato dalla parte di Renzi anche sul referendum costituzionale del 2016. Pur di difendere le ragioni del Sì, alcuni mesi prima della consultazione non aveva rinnovato la tessera dell’Udc, contraria alla riforma renziana. L’Unione di centro era nata nel 2002 dalla fusione tra Cdu, Ccd e Democrazia europea. Sotto quell’insegna, Casini, che dell’Udc è stato lo storico leader, nel 2002 aveva accolto Papa Giovanni Paolo II a Montecitorio. Un evento storico. Anche alle politiche di domenica scorsa, centristi e moderati sono arrivati divisi. Chi ha seguito Casini nel centrosinistra e chi ha aderito a Noi con l’Italia, la cosiddetta quarta gamba del centrodestra. Dopo essere stato deputato, senatore, presidente della Camera e della commissione degli Affari esteri del Senato, dopo essere stato uno dei principali protagonisti della seconda Repubblica, col 33,12% Casini è stato rieletto a Palazzo Madama nel collegio della sua città. L’unico in cui ha voluto correre. “Sarò il senatore di Bologna”, ha sottolineato dopo l’elezione. “Quello di rispondere a chi mi ha votato, e anche a chi non mi ha votato, sarà il mio primo impegno”. Casini, nella prossima legislatura, sarà il decano dei parlamentari, per anzianità di servizio secondo solo al presidente emerito della Repubblica e senatore a vita, Giorgio Napolitano.
Nel caso di Casini, però, non vale la data di nascita, ma l’esperienza e la maturità acquisita. Sono queste le doti che lo faranno diventare naturalmente un punto di riferimento in un clima politico precario. In Parlamento, con la sciarpa del Bologna, i capelli bianchi e l’empatia del giovane-vecchio democristiano. Questo è Casini. Rieletto.