Che paradosso. È il contrario di quel che fanno apparire e che dicono. È Matteo Renzi l’unico che riconosce la sconfitta e dice: “Chi mi ha battuto (Di Maio e 5 Stelle) governi. Il Pd sta fuori”.
È questo che ha fatto esplodere quel che resta dell’anima di establishment, di partito-Stato, di burocrazia adusa a vedersi solo al governo, insomma, “demo comunista” del Pd. Non che Renzi non se ne va. Renzi ha il torto, agli occhi dei dirigenti del suo partito, di aver pronunciato la bestemmia, di aver rovesciato la “costituzione materiale”. È quella che ha fatto del Pd una sorta di partito-Stato della Seconda Repubblica: il filo di continuità di governo dal 1992 (nonostante i vari assalti, sempre spuntati, del berlusconismo). Forse, gli analisti ci diranno, nella sconfitta del Pd c’era anche questo: una stanchezza per una lunga continuità. Quasi 30 anni in cui il Pd (nelle sue varie incarnazioni) era il “partito-Stato”.
È la casta di questo partito-Stato che si ribella a Renzi. E non perché non se ne va. Ma perché, inaudito, lascia intravedere che potrebbe tenere il Pd fuori dalla stanza dei bottoni. Pazzo. Ha pure detto che se ne va a sciare… a crisi aperta. “Irresponsabile”, staranno tuonando alla bouvette! Parliamoci chiaro: 5 Stelle e Salvini hanno vinto. E gli sconfitti sono Pd e Forza Italia. Separati i vincitori non fanno maggioranza. La soluzione “democratica”, se capisco Renzi, non può essere richiesta a chi ha perso. Deve essere trovata dai due che hanno vinto. Invece succede il contrario. Si lavora ad una sola soluzione: che il quid che manca a Di Maio o a Salvini per governare separati lo fornisca il Pd. Ragionano così Salvini e Di Maio. Ma ragionano così Berlusconi e i maggiorenti del Pd. Tutti fanno appello a Mattarella perché (rimosso il guasta feste fiorentino) renda libera la chiave della crisi: il sostegno del Pd a uno dei due governi possibili, Di Maio (verso cui spinge il cuore dell’eterna sinistra) o Salvini/Berlusconi. Nessuno di questi due governi sarebbe, oggi, lo specchio della realtà: ognuno dei due governi ci consegnerebbe a una divisione del Paese dai tratti inquietanti di un dualismo “belga” (territoriale) ma peggiorato: che diventa, cioè, anche sociale, economico, di opinione. Pericolosissimo.
L’unica soluzione “democratica” è una maggioranza 5 Stelle-Salvini che diventi governo “formalmente” di tutti. Magari con figure di garanzia espresse da tutti i partiti. È il modo per “costituzionalizzare” la maggioranza populista che gli italiani vogliono. Il Pd, ha ragione Renzi, deve stare in disparte. E anche Forza Italia. È giusto che i vincitori governino e gli sconfitti abbiano il tempo di trovarsi un domani.