La nuova legislatura ha mosso i primi passi tra soddisfazioni e mugugni. I due presidenti delle Camere Casellati e Fico, per il consenso ricevuto, possono ritenersi abbastanza gratificati. Agiranno sapendo di avere dalla loro maggioranze non risicate, costituite da forze politiche diverse. Un punto, potenzialmente, a favore della buona attività del nostro Parlamento.
I problemi di più complicata soluzione si presenteranno da oggi in poi, e fino alla costituzione del nuovo governo. Il percorso non sarà né facile né breve, ma lungo e tortuoso. Il tanto declamato bipolarismo è saltato, perché la legge elettorale è cambiata e le coalizioni si sono sbriciolate. Berlusconi, nonostante tutto quello che si va dicendo in queste ore, è stato capace ancora alla sua età di mettere insieme vecchie espressioni e nuovi adepti, portando l’alleanza ad un risultato niente male. Il PD invece nella partita delle presidenze delle Camere non è riuscito a giocare alcun ruolo, dimostrando, ancora una volta, che l’unico collante che tiene insieme il partito, non si sa per quanto, è il solo potere: si continua a parlare di divisioni non ricomponibili, per cui si paventa una ulteriore scissione.
Il clima tra gli alleati di Berlusconi non è migliore. Le avvisaglie si sono evidenziate con lo scontro tra Berlusconi e Salvini, per la designazione del candidato alla presidenza del Senato. Il ritiro di Paolo Romani e l’entrata in campo di Elisabetta Casellati ha avuto i suoi effetti traumatici, soprattutto per il Cavaliere, che ha dovuto subire una mezza imposizione dall’alleato leghista, pur di non apparire come lo sconfitto della disputa. Le conseguenze di questo quasi colpo di mano di Salvini non saranno irrilevanti nel breve periodo, se si valuta che già nell’elezione di sabato a Fico sono mancati 60 voti. Si ipotizza che sarebbero da attribuire a malpancisti di Forza Italia. Continuando così, calpestando storia, sensibilità consolidate, rapporti umani e politici il giovane leghista, erede di Bossi, non andrà molto lontano. Il galateo istituzionale ormai è saltato, è vero, e non ci sono più regole certe che inducono a rispettare avversari e colleghi, ma certi legami non si possono recidere con violenza e menefreghismo.
Il senso etico nei comportamenti ormai è inesistente, anche a causa della cancellazione dell’ubi consistam (punto di riferimento) per le forze politiche. Ci si affida all’ordinaria e neutra attuazione della prassi, dettata dal capo-partito che impartisce gli ordini ai suoi beneficiati, che con deferenza e obbedienza eseguono. È qui che la politica deve riformare sé stessa se vuole recuperare prestigio, autorevolezza e autorità. Non serve il giovanilismo, la rottamazione, l’antipolitica se tutte le forze politiche non recuperano l’etica in politica, primo passo verso il riconoscimento dell’altro e orientamento essenziale per la ricerca del bene comune. Una condizione che dovrebbe sposare soprattutto chi ha reali e concrete intenzioni di cambiamento del sistema politico-istituzionale, secondo i canoni della democrazia rappresentativa. Il M5S, con limpidezza e coerenza, e non a parole, se ne faccia carico se vuole essere legittimato come forza politica del cambiamento.