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L’impasse del governo secondo Minzolini, Puca, De Angelis e Calessi

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La situazione è grave ma non seria, direbbe Ennio Flaiano. Martedì al Quirinale iniziano le consultazioni con le forze politiche e il capo dello Stato Sergio Mattarella dovrà tentare di sbloccare l’intricata matassa uscita dalle urne il 4 marzo. Terrà l’asse Di Maio-Salvini? I grillini dovranno ingoiare il rospo Berlusconi? Come e quando può tornare in gioco il Pd? Si tornerà a votare? Abbiamo chiesto a quattro autorevoli giornalisti politici di fare le loro previsioni.

“Per la formazione di un governo prevedo tempi biblici, con almeno due giri di consultazioni al Colle. Passeremo così tutto il mese di aprile e si chiuderà la possibile finestra elettorale di giugno”, osserva Alessandro De Angelis, vicedirettore dell’Huffington Post. “Dopo una prima fase in cui l’asse Lega-5 Stelle ha funzionato, Luigi Di Maio si è incartato perché Matteo Salvini si sta muovendo come leader del centrodestra, senza l’intenzione di mollare Silvio Berlusconi. Di Maio ha sottovalutato il fattore B. L’opzione in campo è quella di tenere in qualche maniera dentro il Cavaliere e di mandare a Palazzo Chigi una figura terza. Ma davvero fare previsioni è difficile e può succedere di tutto, compreso tornare alle urne in autunno”, aggiunge De Angelis.

“Dal punto di vista parlamentare è uno dei momenti più complicati dal dopoguerra. Per un’intesa centrodestra-M5S devono verificarsi due condizioni: Di Maio deve fare un passo indietro sulla premiership e deve trovare il modo di ingoiare il rospo Berlusconi. Non può fare un accordo con la Lega senza Forza Italia”, osserva Augusto Minzolini, ex direttore del Tg1 e cronista parlamentare di lungo corso (ma pure ex senatore forzista). “Se ciò non dovesse andare in porto, allora Matteo Renzi potrà scendere dal pero”, continua Minzolini, “ma lo farà solo dopo aver dimostrato di controllare i suoi gruppi parlamentari. Il Pd può tornare in gioco solo per un governo di larghe intese col centrodestra oppure per un esecutivo istituzionale, non per un’intesa coi grillini come qualcuno immagina”. Ultimo scenario, secondo Minzolini, “è il distacco di alcuni blocchi in soccorso di un esecutivo di centrodestra, ma sarebbe complicato”.

“Difficilissimo fare previsioni, perché in politica c’è la logica, ma c’è anche la sorpresa, lo sparigliare le carte inaspettato. Ci vorranno due giri di consultazioni, dove in prima battuta le forze politiche si terranno coperte e si parlerà soprattutto di programmi”, sostiene Elisa Calessi, giornalista parlamentare di Libero e Porta a Porta. Secondo Calessi l’intesa M5S-centrodestra ha davanti due scogli. “Il primo è chi farà il premier: Di Maio e Salvini sanno entrambi di dover fare un passo indietro, ma non c’è ancora l’accordo su un nome di compromesso; il secondo consiste nella difficoltà per M5S di far digerire al proprio popolo Berlusconi, perché il movimento è nato anche sull’onda dell’anti-berlusconismo. Salvini non mollerà Berlusconi: al leader leghista conviene trattare coi pentastellati forte del 37% del centrodestra. Mi sembra però che Di Maio e Salvini abbiano una gran voglia di andare al governo e questo può fare la differenza”. Pd alla finestra? “Se Salvini e Di Maio falliscono, allora Mattarella guarderà per forza verso il Pd, tentando di capire innanzitutto chi comanda nel partito. A quel punto i dem potrebbero diventare l’ago della bilancia. L’unica ipotesi cui non credo è un governo istituzionale con tutti dentro”, risponde Calessi.

“Io credo che vi siano solo due strade: o intesa centrodestra-M5S, con Berlusconi, oppure governo di scopo, senza il Pd, che approvi il Def, cambi la legge elettorale e ci riporti alle urne, in autunno”, spiega Carlo Puca, giornalista politico di Panorama. Quindi Salvini non tradirà il Cavaliere? “Non gli conviene assolutamente. E per fare cosa? Il junior partner di Di Maio? Una sorta di Bettino Craxi 2.0 senza nemmeno fare il presidente del consiglio? Non succederà”, risponde Puca. E il Pd? “Il Pd è ancora Renzi, è inutile che gli altri si agitino tanto. Lui li lascia giocare, ma le redini sono ancora nelle sue mani. Basti vedere i due capigruppo, Marcucci e Delrio, più renziani di quelli della scorsa legislatura. E l’ex premier non si vuole muovere dai banchi dell’opposizione”. L’asse Salvini-Di Maio prima ha tenuto e ora scricchiola. “Avranno parecchi ostacoli da superare, a partire dai programmi differenti”, sottolinea il giornalista di Panorama. “Ma a sorprendermi è Di Maio: non lo facevo così bramoso di andare a Palazzo Chigi. Sembra cambiata la regola grillina: uno non vale più uno, ma vale tutti. Lui e Salvini un governo vogliono farlo, ma non hanno ancora trovato la giusta ricetta per uscire dall’impasse”.


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