Nell’agenda politica, che da oggi ha come ordine del giorno la formazione del nuovo governo, Luigi Di Maio ha mosso un ulteriore passo in avanti. Con un post pubblicato sul Blog delle Stelle, intitolato “Un contratto alla tedesca per il cambiamento dell’Italia” (qui il post completo), Di Maio chiede esplicitamente a Partito democratico e Lega di sottoscrivere quello che sarebbe un accordo sul programma di governo su cui poi vincolare la legislatura. Un’apertura al dialogo, pare, ma anche un modo per ribadire la posizione del Movimento 5 Stelle: niente inciuci, solo accordi su punti programmatici condivisi.
“Quello di Di Maio è sicuramente un approccio che potremmo definire istituzionale – spiega Antonio Campati dell’Università Cattolica del Sacro Cuore raggiunto telefonicamente da Formiche.net -, che prende atto del risultato del 4 marzo, ossia che nessuna forza politica ha la maggioranza. Un atto di realismo, insomma, in cui si individuano nettamente i termini del ‘contratto’: gli interlocutori sono solo Lega e Partito democratico, non si vogliono aprire dialoghi con le altre forze politiche, proprio per mettere in difficoltà i due potenziali firmatari del contratto”.
“Noi partiamo dal risultato delle elezioni del 4 marzo – si legge sul post -: il MoVimento 5 Stelle è la prima forza politica del Paese, votata dal 32% degli elettori, pari a 11 milioni di italiani. L’altro vincitore delle elezioni è la Lega, il partito che ha preso più voti all’interno della coalizione di centrodestra. A causa dell’attuale legge elettorale, però, nessuna forza politica ha la maggioranza per poter governare da sola. I numeri per farlo non ci sono ed è chiaro che bisogna trovare una soluzione per uscire dal vicolo cieco in cui ci ha messo questa pessima legge elettorale”, scrive il leader dei 5 Stelle. La soluzione proposta, si legge ancora, “non è un accordo, né un’alleanza, è un impegno che forze politiche alternative, e anche distanti, assumono davanti ai cittadini, prendendosi la responsabilità di lavorare insieme per il bene degli italiani. Proponiamo di scrivere insieme questo contratto di governo alla Lega o al Partito Democratico”.
Niente inciuci, si legge sul post, infatti “i 5 Stelle parlano di contratto, non di accordo, né di alleanza”, sottolinea Campati, “eppure, questa dichiarazione di Di Maio mette forse in evidenza un cambiamento di approccio da parte del Movimento, ossia la presa d’atto che la democrazia è un insieme di mediazioni e accordi tra i vari soggetti politici”. Soggetti politici che M5S mette all’angolo. “Quella di Di Maio è una decisione calcolata – commenta Campati – perché mette in difficoltà sia la Lega che il Partito democratico: da un lato mette in difficoltà la Lega che quindi dovrebbe rompere l’alleanza con Forza Italia e con Fratelli d’Italia. Dall’altro lato il Pd che si trova davanti a un bivio, obbligato a scegliere se seguire la linea di Renzi oppure la linea di chi vuole contribuire a formare una maggioranza parlamentare. Quindi – sottolinea Campati – entrambi gli interlocutori sono chiamati a un atto di responsabilità, ma allo stesso tempo indotti ad assumere delle posizioni che potrebbero scontentare i loro rispettivi elettorati. Sarà interessante capire come ne usciranno”.
“Speriamo di poter incontrare il prima possibile i due partiti per capire quali siano le loro proposte – scrive Di Maio -, e per capire con chi si possa iniziare a scrivere questo contratto. Poi mettiamolo in pratica. Vogliamo metterci subito al lavoro per far partire la Terza Repubblica che deve essere e sarà la Repubblica dei cittadini, una Repubblica che sarà realizzata da un governo che per la prima volta lavora solo ed esclusivamente nell’interesse della gente, per trovare risposte ai loro bisogni”.
E se l’approccio istituzionale allontana il Movimento dalla sua origine di democrazia diretta, i vincoli imposti all’eventuale contratto riavvicinano M5S al suo elettorato. Ci si riavvicina, insomma, al tema storico dei 5 Stelle sull’introduzione del vincolo di mandato per i parlamentari. “Manca un paragrafo, però, in questo post, ed è quello su cosa succederà se questo contratto non dovesse andare in porto. Ma forse è meglio così – conclude Campati con una nota di ironia – perché altrimenti non ci sarebbe spazio per gli scenari sull’incombente futuro…”.