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Giornalisti e social media. Quale connubio? Il dibattito di Perugia

Si è chiuso ieri il 12esimo Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. La kermesse ha animato il capoluogo umbro dall’11 al 15 aprile con centinaia di eventi tra panel, workshop e presentazioni ai quali hanno presto parte più di 700 speaker italiani e internazionali.

I temi affrontati nella 5 giorni di confronto e discussione sono stati i più disparati: dall’immancabile approfondimenti sulla lotta alla disinformazione e alle fake news, al contrasto alla violenza di genere, dalla politica italiana agli scenari di politica internazione con i casi di Siria, Libia, Medio Oriente e Russia in primo piano.

Questa edizione ha avuto un carattere marcatamente internazionale sia dal punto di vista degli ospiti che da quello della stampa accreditata e dei visitatori. “È stata un’edizione più ricercata e più matura”, dice a Formiche.net Arianna Ciccone, co-fondatrice e direttrice del Festival Internazionale del Giornalismo.

FACEBOOK AL FESTIVAL DEL GIORNALISMO: NESSUNA INTERVISTA

Tra i molti sponsor dell’evento spiccano le presenze di Facebook e di Google, presenti al Festival anche con due stand presso i quali i visitatori hanno potuto recarsi per porre domande ai rappresentanti dei due colossi. Off limits, invece, le interviste almeno per Facebook. “A causa dei numerosi impegni gli speaker di Facebook non sono riusciti a rilasciare alcuna intervista one to one”, dice Giulia Agosto, Senior Account presso MSL Group e referente dello stand Facebook al Festival. “Le uniche video-interviste sono state rilasciate all’organizzazione del Festival del Giornalismo”. Questa edizione è arrivata solo pochi giorni dopo lo scandalo di Cambridge Analytica che ha portato il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, a riferire davanti al Congresso americano circa la violazione e la vendita di dati di quasi 87 milioni di account del social network più diffuso al mondo. La scelta di non rilasciare interviste, però, non seguirebbe una linea dettata da scelte aziendali ma sarebbe dettata da mere contingenze legate alla ristrettezze dei tempi e ai molteplici impegni degli speakers intervenuti. “Non c’è stato alcun ‘diktat’ da parte di Facebook. Il Festival è anche un momento in cui gli speaker internazionali di Facebook incontrano quegli italiani, quindi tra un panel e l’altro ci sono stati diversi meeting che hanno, chiaramente, eroso il tempo a disposizione”, conclude Giulia Agosti. “Non è stata affatto una scelta legata allo scandalo di Cambridge Analytica, tra l’altro i momenti di confronto sono stati diversi e in tutte le spoke gli speaker hanno rimandato alle lunghe dichiarazioni rilasciate dal CEO di Facebook Mark Zuckerberg, accessibili online. Inoltre gli speaker presenti a Perugia non seguono il tema della privacy”.

SCANDALO CAMBRIDGE ANALYTICA: LE RIPERCUSSIONI SUL FESTIVAL

Inevitabilmente, però, lo scandalo ha avuto ripercussioni anche sul Festival. “È stata una crisi importante che è ricaduta anche sul Festival. Avrebbe dovuto essere qui Campell Brown, la global head of news partnerships di Facebook (invitata a un panel dal titolo “Per una informazione di qualità su Facebook” n.d.r.). Non è potuta essere qui per ragioni legate, immagino, alle contingenze della crisi”, spiega Arianna Ciccone. “Noi però siamo riusciti a mantenere i nostri impegni, anche critici sulla relazione tra giornalismo e piattaforme. Il Festival non ha preso alcuna posizione. È una questione spinosa, esplosa solo ora e in termini marcatamente scandalistici, ma già emersa nel 2015”. Nonostante Facebook sia, insieme a Google che in questa edizione ha presentato il progetto “Google News Initiative” che fornisce informazioni e tool ai giornalisti, uno dei main sponsor dell’evento, non sono mancate le voci critiche rispetto al social network. “Di voci ‘scomode’ rispetto a Facebook ce ne sono state tante. Basta fare due nomi su tutti, Jillian York, una delle più grandi critiche ed esperte di censura, scrittrice e attivista che esamina la censura, statale e corporativa, a capo della Electronic Frontier Foundation (organizzazione internazionale non profit di legali dedicata alla tutela dei diritti digitali ndr), era qui ed ha bastonato”, conclude Ciccone, “come lei Julia Angwin, una delle più grandi giornaliste investigative tech che ha realizzato report che hanno evidenziato come l’algoritmo di Facebook consentiva di fare pubblicità usando categorie e tag razzisti. Il Festival ha una sua autorevolezza che non gli consente di essere protettivo nei confronti degli sponsor per questo ha ospitato giornalisti importanti e competenti proprio in temi tecnologici che non hanno risparmiato nulla a Facebook o agli altri colossi della rete”.


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